lunedì 17 marzo 2014

PROVINCE. RIVOLTA DEI COMUNI CONTRO LA RIFORMA CROCETTA


Il governatore Crocetta non ha ancora finito di dire “È un voto che passa alla storia. Il testo di legge che abbiamo esitato modifica l’assetto delle istituzioni in Sicilia, rappresenta un nuovo modello di democrazia partecipata”, che partono già i primi siluri alla sua riforma epocale. Quello che gli contestano è proprio la mancanza di partecipazione. Scontati quelli di moli consiglieri dei nove consigli provinciali dell’isola. I loro legali evidenziano parti incostituzionali della norma. Sono però i sindaci, capitanati da Leoluca Orlando – primo cittadino di Palermo – ad essere i più duri con il governatore.
Riteniamo che la legge approvata per alcuni suoi aspetti costituisca un vulnus costituzionale per l’autonomia comunale. Pertanto facciamo appello agli organi di controllo e al commissario dello stato. Siamo in presenza di una legge che non prevede in nessun caso né un’intesa, né alcuna forma di confronto istituzionale, attraverso la conferenza regione-autonomie locali o l’Anci”. Orlando in conclusione è convinto che il testo di Crocetta presenti “gravi criticità”.
Intanto il governatore ha dato alimento ai sospetti che la sua sia una manovra mediatica per avere visibilità televisiva, dichiarando “telefonerò a Massimo Giletti (Rai Uno) dicendogli che abbiamo approvato all’assemblea regionale siciliana la legge Crocetta-Giletti”.
In effetti Crocetta è spesso ospite all’Arena la trasmissione di Massimo Giletti, dove racconta i suoi successi, tipo aver ridotto le auto blu da 18 a 7.
Aldilà della evidente piaggeria verso il giornaliste televisivo, resta il fatto che il commissario Aronica si trova giudicare una legge che all’articolo 1 arruola tutti i comuni, in sede di prima applicazione, ai nuovi liberi consorzi che sostituiscono le 9 province. Poi all’articolo 7, quegli stessi comuni - nelle circoscrizioni di Palermo, Catania e Messina - dove sono previste le città metropolitane faranno parte del nuovo ente. Un bel guazzabuglio. Quasi peggio di quello che Monti e Patroni Griffi fecero con il decreto omnibus poi bocciato dalla corte costituzionale per la parte che riguardava proprio la riforma delle province.

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