A giugno l’Albania potrebbe affiancare Turchia, Islanda, Serbia,
Montenegro e Macedonia nella corsa all’ingresso nel club dei 28 dell’Unione
europea. Durante la presidenza del semestre italiano si potrebbe sbloccare la
questione che vede un fronte di cinque paesi scettici, malgrado i progressi
compiuti da Tirana sul fronte giustizia. Danimarca, Francia, Germania, Olanda,
Regno Unito frenano. Italia, Austria, Irlanda e altri accelerano.
La recente visita di Napolitano nel paese delle aquile va letta in
questo senso. La presenza albanese in Italia, lo ha ricordato il presidente
della repubblica, “è oggi la seconda
comunità straniera residente in Italia per numero, ed ha mostrato - a dispetto
di iniziali difficoltà e di molti luoghi comuni - elevate capacità di
integrazione nel tessuto sociale, lavorativo ed imprenditoriale italiano”.Un legame, ha continuato Napolitano “frutto di radicate affinità culturali e dell'antica amicizia” che ha “trovato fertile stimolo nella prossimità geografica tra le due sponde dell'Adriatico e nelle vicende - anche se a tratti dolorose e drammatiche - di una lunga storia comune”. Gli italiani nei pochi anni di unione fra i due regni, dal 1937 al 1943, hanno lasciato segni importanti. Strade, scuole, università, palazzi ricordano ancora oggi il fulgore dell’attività italica e sono visibili i segni dell’architettura razionalista, non solo a Tirana. Gli albanesi ricordano con piacere e orgoglio quei pochi anni di affrancamento da amministrazioni storicamente corrotte e poi tragicamente oppressive come il regime comunista di Hoxha.
Oggi è importante “l'elevato grado d'integrazione raggiunto dai nostri sistemi economici – ha ricordato Napolitano - e gli intensi scambi commerciali, frutto di numerose e feconde iniziative imprenditoriali, che ci hanno consentito di affrontare meglio la difficile crisi che stiamo attraversando, cementando i legami tra le nostre società”.
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