L’abolizione delle province siciliane è il titolo del’ultimo episodio della commedia all’italiana. “La Regione, con propria legge, istituisce i consorzi di comuni per l'esercizio delle funzioni di governo di area vasta, in sostituzione delle Province Regionali (mi raccomando la P e la R maiuscole!) e non si procede all'indizione e allo svolgimento delle elezioni provinciali. … disciplina, inoltre, l'istituzione nel territorio della Regione delle città metropolitane (Palermo, Catania, Messina)”. Così l’art. 1.
Si chiameranno consorzi, ma la novità rispetto alla legge di spending review e salvItalia non si scorge. I consorzi avranno un presidente e un consiglio come previsto nei decreti Monti, e a loro “è attribuito il compito di garantire l'esercizio delle funzioni amministrative di area vasta, laddove non svolte dalle città metropolitane delle quali è altresì prevista l'istituzione”.
La relazione introduttiva della giunta Crocetta alla legge spiega: “il risparmio annuo a regime, stimabile in base ai dati di consuntivo 2010 (impegni), è pari a complessivi di 50.491.843 di euro. In base all'attuale situazione e tenuto conto delle scadenze naturali dei mandati si può stimare, in via prudenziale, un risparmio per il settore degli enti locali pari a circa 29.450.000 euro”.
Difficile capire da cosa derivino i risparmi, visto che personale e i suoi costi restano, le spese per le funzioni - consorzi o nuove province - ci saranno comunque. I risparmi dovrebbero arrivare dai costi della politica, che peraltro sono già azzerati (niente giunta, niente compensi) dal salvItalia. Possibile che sei province (escluse le future tre città metropolitane) spendessero quasi 5 milioni di euro all’anno per foraggiare la politica?
Insomma, una legge, e tanto clamore, per fare quello che già, a livello nazionale, è stato già deciso. Inoltre tra i 282 emendamenti con cui è stato sommerso il ddl (disegno di legge) ce n’è uno, proprio della giunta, per aumentare i consorzi da sei (Trapani, Agrigento, Caltanisetta, Enna, Ragusa e Siracusa) a otto, con l’aggiunta di Gela e Marsala. Costeranno poco, ma non sono a costo zero. E comunque oggi non ci sono.
Intanto l’unione delle province siciliane (UPS) ha presentato una sua proposta di legge: “Il tema dell’abolizione è solo fumo negli occhi per l’opinione pubblica – ha dichiarato Giovanni Avanti presidente dell’UPS – con l’unico scopo di distogliere l’attenzione dai veri sprechi che sono tutti dentro la regione siciliana e i suoi tanti enti collegati. Se si dovesse ragionare in base ai numeri e all’efficienza dei servizi resi ai cittadini dovremmo parlare di abolizione della regione piuttosto che delle province”.
Non basta oltre il fuoco incrociato di Udc e Pdl, il commissario dello Stato Carmelo Aronica ha emendato, per incostituzionalità, alcuni punti del ddl Crocetta, cassando anche i primi settanta emendamenti presentati al disegno di legge governativo. Emendamenti che già il giorno dopo erano 194 per poi salire al vertiginoso numero di 282. Tanto che il presidente della prima commissione ha dichiarato: “Mi auguro – ha detto appunto Marco Forzese – che nel vertice di maggioranza si trovi la quadra attorno a questa riforma ed auspico che a sala d’Ercole il governo Crocetta si presenti con un maxiemendamento condiviso”.
La riforma delle province siciliane tarda ad arrivare, nonostante si stia cercando di fare di tutto per dare in pasto all’opinione pubblica una legge “al massimo entro la settimana prossima”, come ha detto il presidente dell’assemblea Giovanni Ardizzone, e nello specifico entro il 26 marzo, “data in cui la riforma – ha detto l’assessore alle autonomie locali, Patrizia Valenti – dovrà essere già pubblicata”.
Perché tanta fretta? Per non cambiare nulla.