sabato 25 luglio 2015

GIORNALISTI. LA SCIALUPPA ARRIVA DAI PARIA DEGLI UFFICI STAMPA


La salvezza per l’INPGI, ma anche per la categoria, sta negli uffici stampa. Il lavoro sul web, forse, pagherà domani. Da tempo grazie alla legge sulla comunicazione pubblica (L150/2000) sarebbe stato possibile recuperare molte posizioni contributive. E sarebbero state molte di più e meglio retribuite se non ci fosse stato un atteggiamento miope da parte di sindacato (FNSI), categoria (ONG) e ente di previdenza (INPGI) sui contratti.
Se ne accorgono ora degli uffici stampa. Lo scrivevo già nel 2000, dopo il varo della legge 150 sulla comunicazione pubblica. Lo ribadivo nel 2010 sul mio manuale “Il comunicatore pubblico”, prima della crisi e dei danni fatti dal binomio Monti Fornero.
Allora sarebbe stato possibile creare dai 12 ai 15 mila nuovi posti di lavoro. Cifra al ribasso tenuto conto che nel 2006 uno studio del “dipartimento della funzione pubblica stimava in 40.000  i posti ipotizzabili ancora vacanti, fra uffici stampa e urp” (fonti Sirigu, R – Il comunicatore pubblico e Galullo, R – La comunicazione nell’ente locale)
Una maggiore attenzione al problema – fuorviata dal comportamento del GUS nazionale – avrebbe permesso una trattativa sindacale seria con l’ARAN (agenzia negoziale delle pubbliche amministrazioni) per equiparare il contratto degli uffici stampa a quello Fieg/Fnsi anziché giocare al ribasso con l’inquadramento nella fascia C (ministeri) e D (enti locali). Con la distorsione che in molte regioni – in virtù della loro potestà legislativa -  regioni si applica il contratto Fieg/Fnsi e nella altre P.A. no.
Oggi si plaude al lavoro, benemerito dei 18 ispettori INPGI che stanno recuperando qualche decina di posizioni contributive all’anno.  In un decennio, dal varo della direttiva Maroni sull’obbligo dei versamenti all’INPGI per i giornalisti pubblici e soprattutto dal disatteso obbligo previsto dalla L.150 di assumere solo giornalisti – contrattualizzandoli secondo dignità - si è persa l’occasione storica di mettere in cassaforte il futuro della categoria. Grazie agli uffici stampa.
Anche solo diecimila nuovi posti avrebbero sanato il problema del precariato. Poi, sarebbe stato possibile, senza la pressione della contingenza, avviare un processo di ammodernamento dei criteri di accesso alla professione. Per evitare nuove masse di precari a cui non si riesce a dare risposta. Infine, si sarebbe messo in sicurezza, altro che stress test della Fornero, il sistema previdenziale.
Di chi le responsabilità? Di una classe dirigente spocchiosa che ha trattato gli uffici stampa, e i colleghi che lì lavorano, come paria. Salvo oggi mendicare qualche regolarizzazione.