sabato 7 settembre 2013

UNA PIGOTTA PER LA VITA. UN’IDEA DELL’UNICEF


 
Cosa è l’UNICEF lo sanno tutti. Cosa sia la pigotta, non è detto. È la bambola di pezza, primo simbolo universale di oggetto realizzato con materiale di recupero. Ogni bambola è un'opera d'arte unica, frutto dell'amore e della fantasia di tante instancabili volontarie UNICEF che ogni giorno, con il loro impegno permettono risultati straordinari.

Sabato 7 alle ore 15, in municipio, il sindaco di Castiglione Chiavarese, Giovanni Collorado - con il presidente Franco Cirio e il segretario provinciale dell’UNICEF Maria Adelaide Pellicci - consegnerà le pigotte di benvenuto alle mamme e ai neonati del suo paese.

Questa iniziativa si realizza in tanti comuni della nostra provincia: Casarza Ligure, Chiavari, Rossiglione, Pieve Ligure, Camogli, Recco, Sori, Bogliasco, Uscio, Lavagna. Il progetto "adotta una pigotta salvi una vita” utilizza il ricavato dell'offerta minima di 20 euro a pigotta, per l’acquisto del kit completo di vaccinazione contro le malattie killer. Sono sei: difterite, pertosse, morbillo, poliomielite, tetano, tubercolosi. Che mietono ancora tante vite tra i bambini di vaste aree del Sahel.

“I comuni della provincia sono 67 – ricorda Franco Cirio - all’appello manca ancora qualcuno. Sono certo che anche grazie a questa iniziativa del sindaco Collorado crescerà sempre di più la platea di adesioni al progetto Adotta una pigotta salvi una vita”.

 

UNICEF E AMIU SCENDONO IN CAMPO PER L’AMBIENTE


 

Vuoi avere in dono un diario scolastico di oltre 300 pagine con tanto spazio per la tua fantasia e i tuoi compiti? AMIU e Unicef regalano il diario Trashformers a tutti coloro che - sabato 7, dalle 9 alle 13 - acquisteranno oggetti recuperati dalla Fabbrica del riciclo, a Campi in via Greto di Cornigliano 10.

Un’occasione per fare un buon affare comprando gli oggetti recuperati e riportati al loro splendore a prezzi davvero concorrenziali. Dai vestiti, ai mobili, ai libri, cd e tutto quello che può offrire un centro commerciale.

Per avere in dono il diario, occorre fare un acquisto o un’offerta. Il diario attraverso i personaggi Trashformers  – simpatici cartoon – insegna a preservare l’ambiente, combatte gli sprechi alimentari e promuove l'educazione ambientale, la raccolta differenziata, il riciclo e il riuso.
AMIU devolve l’intero ricavato della vendita all’Unicef che lo ha già destinato al progetto “Scuola in Africa” per la costruzione e l’attrezzatura di nuove scuole

sabato 13 luglio 2013

SPORT. IL CALCIO DEL BARCELLONA È FIGLIO DELL’HOCKEY


 
 


Una partita 11 contro 11 su un terreno sintetico, con due arbitri in campo, le sostituzioni volanti e senza limiti di entrata e uscita, le rimesse laterali fatte non più con le mani, tutti i tiri liberi corner compreso (rigore escluso) che si possono eseguire con l’autopassaggio vi sembra calcio? I più attenti diranno: no è hockey su prato. Invece no è proprio calcio. Ad Amsterdam si è svolto un torneo sperimentale fra tre squadre minori (DVVA, Noordwijk e Swift) che hanno applicato una serie di nuove regole che nell’hockey sono ormai approdate da anni.

Manca solo la prova tv (che nell’hockey a livello internazionale è obbligatoria) e la cancellazione del fuori gioco perché il percorso di innovazione fra i due sport sia identico. Il calcio però a differenza del cugino con i bastoni è molto più conservatore. Prova, riprova e poi tende a rimanere lo stesso. La sua formula è comunque vincente. L’hockey invece è un tourbillon di cambiamenti, ma la sua popolarità resta confinata in ambiti limitati.

Però non tutti sanno che i grandi cambiamenti tecnico-tattico-atletici derivati dal calcio totale inventato dall’Ajax di Crujff, Neeskens e dal Feyenoord di Israel e van Hanegem negli anni Settanta nascono dall’osservazione delle tecniche dell’hockey, del gioco palla a terra, del portiere che partecipa all’azione, del grande movimento senza palla e dall’alternanza della marcatura zona-uomo. Gli olandesi del calcio poi hanno portato questa loro esperienza al FC Barcelona, dove esiste una sezione hockey, e trovando nel settore tecnico della “cantera” un profeta dell’hockey come il tedesco Horst Wein e come head coach lo zio di un internazionale di hockey, van Gaal, hanno completato l’hockeizzazione del calcio.

Oggi, gli sportivi di tutto il mondo che ammirano il tica-tica del “Barca” o le prodezze della nazionale spagnola non sanno che quei movimenti che avrebbero sprofondato nello sconforto Meazza, Piola, Alfredo Di Stefano, Pelè, Bobby Charlton, Uwe Seeler insomma tutti i grandi campioni del passato nascono del cuginetto povero del calcio: l’hockey su prato.

Tant’è però in Olanda culla dell’innovazione calcistica il calcio, di nascosto, spia ancora l’hockey e le sue novità.

venerdì 12 luglio 2013





INFORMAZIONE. PUTIN RISPOLVERA LA MACCHINA PER SCRIVERE


 

Mr. Remington e il cav. Olivetti da lassù si fanno un bella risata. I signori delle macchine per scrivere del XX secolo si stanno prendendo la loro rivincita. Il servizio delle guardie federali (Fso), che tutela la sicurezza delle più alte personalità della Russia, ha bandito una gara per 20 macchine da scrivere, per un totale di 486.000 rubli (11.600 euro), lo scrive il quotidiano Izvestia.

La diffusione dei cable diplomatici da parte di Wikileaks e le ultime rivelazioni di Snowden sul Datagate - il grande fratello americano - spiega una fonte al quotidiano, "hanno spinto la decisione di ampliare l'uso delle macchine per scrivere per stampare i documenti segreti". L'Fso non commenta, ma non smentisce.

Lo fa il deputato Nikolai Kovaliov, ex capo dei servizi segreti (Fsb): "Dal punto di vista della sicurezza, ogni mezzo di collegamento elettronico è vulnerabile: da un pc si può prendere qualsiasi informazione perché non esiste alcun modo per garantirne al 100% la protezione.
 
 

Le macchine per scrivere in Russia, secondo gli esperti di intelligence, non sono mai andate in pensione. Si usano in alcuni ministeri, nelle emergenze. Come i rapporti destinati al ministro della difesa e presidente Putin. Ogni macchina ha la sua scrittura particolare ed è individuabile tramite una perizia, mentre i mezzi elettronici sono impersonali.

Il pc, e soprattutto internet, hanno introdotto e consolidato il principio della conoscenza condivisa. Ampliando il concetto di conoscenza, che - dall’oralità, alla scrittura, alla stampa - nel corso di 5 mila anni, ha fatto progredire la civiltà. Adesso si sente il bisogno di tornare alla privacy, quella vera. La riservatezza.

Io, però, intanto lo pubblico sulla rete!

 

giovedì 2 maggio 2013

PROVINCE. FANNO CAUSA ALLO STATO PER 4 MILIARDI. IL GOVERNO PENSA DI CHIUDERLE


Venezia e Treviso hanno già ottenuto dallo Stato il maltolto, ora è la volta della provincia di Padova a battere cassa. Il tribunale di Venezia ha accolto il decreto ingiuntivo presentato dal presidente Barbara Degani ordinando al ministero dell’interno di restituire 36 milioni di euro più 18.000 euro di interessi maturati dal 1997 al 2006.

L’ingiunzione obbliga il ministero dell’interno a saldare i debiti derivati dai cosiddetti “residui perenti”. Cioè i mancati trasferimenti erariali che la provincia di Padova avrebbe dovuto ricevere dal 1997 al 2006 per lo svolgimento delle funzioni previste dal decentramento amministrativo.

“Il Tribunale – racconta la presidente Degani – ha riconosciuto la fondatezza delle nostre richieste. Lo Stato continua a tagliare e a chiedere a noi di essere virtuosi, abbiamo dimostrato ampiamente che lo siamo e ora sia lui a fare la sua parte. Nonostante i continui tagli, abbiamo sempre svolto le nostre funzioni e pagato i creditori. Ci siamo dovuti difendere dallo scippo della tesoreria da parte del governo e siamo riusciti a far quadrare i conti senza trasferimenti e con i tagli alle uniche tasse che ci hanno garantito delle entrate”.

“Sicuramente – ha aggiunto la Degani – lo Stato proverà a resistere, ma noi abbiamo una carta forte e inoltre Venezia e Treviso, sulla base della stessa sentenza, si sono già viste saldare il credito. Pertanto contiamo di avere quanto ci spetta e, fintanto che non incassiamo, io di sicuro non mollerò”.

Lo Stato ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo tramite l’avvocatura distrettuale di Venezia. La prima udienza è fissata per il prossimo 1 ottobre. La provincia si costituirà in giudizio.

Anche Genova e Savona, ad aprile, hanno dato mandato ad uno studio legale romano di presentare al tribunale di Roma la richiesta di un decreto ingiuntivo nei confronti dei ministeri dell’interno e dell’economia e delle finanze per il pagamento dei crediti erariali dovuti. In un anno e mezzo, solo per Genova, il credito accumulato nei confronti dello Stato è cresciuto di altri 2,7 milioni, passando a 32.611.388 euro.
Dal 1° gennaio 2008, cessate le norme sulla tesoreria unica, tutte le partite di credito che le province avevano maturato negli anni precedenti dallo Stato per trasferimenti erariali non versati sono divenute esigibili.

Crediti ingentissimi che potrebbero spingere il governo ad abrogare quanto prima le province per non dover mettere in pagamento, per tutte le 107, province circa 4 miliardi di vecchi debiti. Cioè il gettito dell’IMU prima casa.

domenica 28 aprile 2013

GOVERNO. LETTA TAGLIA LE ALI. VEDRÒ DI VOLARE PIÙ ALTO


 

Un solo ex Pci/Pds (atipico) e nemmeno un ex Msi/An. È questa la cifra politica del governo nato nel think-thank Vedrò del duo Alfano-Letta. L’Alfetta di governo dopo aver scaricato i due passeggeri scomodi, Sel e Lega, ha lasciato a terra anche le due estreme dei rispettivi partiti. D’Alema, Bersani, Matteoli, Gasparri &co., che sono stati protagonisti della lotta politica anche prima della caduta del muro di Berlino, sono fuori dai giochi.

In questi anni si è scritto molto delle fondazioni Italiani Europei di D’Alema e Amato (che peraltro ha inserito nel governo Bray e il più defilato Trigilia) o Res Publica di Tremonti. Molto poco di Vedrò. Un think thank trasversale, ma con solide radici ex democristiane. Che ha come progetto: l’Italia al futuro!

Dei cinque ministri del Pdl quattro sono iscritti a Vedrò (Alfano, De Girolamo, Lorenzin e Lupi), anche il giovane turco Orlando (Pd) e l’olimpionica Josefa Idem (Pd) sono membri della fondazione come il sottosegretario alla presidenza del consiglio Patroni Griffi.

Si è parlato molto delle sette donne: un terzo della compagine. Ma Vedrò fa meglio. Il premier, il vicepremier e minsitro agli interni, il sottosegretario alla presidenza e altri cinque ministri.

Letta (non Enrico!) così, la divisione Pd (9), Pdl (5) è meno decisiva. Dei sette piddini residui due, come detto, sono ascrivibili alla fondazione Italianieuropei. Dario Franceschini - amico personale di Letta - e Graziano Del Rio, ora renziano ex sindaco di Reggio e presidente dell’Anci, sono democristiani, come l’udicino D’Alia. Maria Grazia Carrozza e Cecile Kyenge non hanno pedigree politico. L’ex sindaco di Padova, Flavio Zanonato, l’unico che ha militato nell’ex Pci - di cui è stato anche segretario provinciale - è stato definito “piccolo gerarca” da Laura Puppato ed è famoso per la costruzione del muro antispaccio e prostituzione di via Anelli o per le sue simpatie per il nucleare. Insomma, comunista sì, ma di quelli alla Putin che piacciono tanto alla destra.

L’altro azionista del governo, oltre il think-thank Vedrò,  è Giorgio Napolitano. Che ha imposto i suoi saggi: Giovannini, Moavero Milanesi, Mauro (gli ultimi due in quota Scelta civica), Quagliariello (quota Pdl), più l’ex prefetto Cancellieri alla giustizia (sai come sono contenti magistrati!), l’uomo forte di Bankitalia, Saccomanni, all’economia e la radicale Bonino agli esteri.

Chi vince?  L’ala ex diccì del Pd, con Renzi (anche lui di Vedrò come Deborah Serracchiani) che si appresta a fare ticket con Letta in vista del congresso contro il duo Barca-Civati. Vince Berlusconi che liquida l’anima ex missina rimasta nel Pdl e si cautela grazie a Napolitano sul fronte della giustizia. Perde Monti che non piazza nessuno dei suoi fedelissimi. Perde Bersani che ha provato a dire, dopo i suoi 55 giorni di inedia, che in fondo un governo non era obbligatorio farlo.

 

giovedì 25 aprile 2013

POLITICALLY CORRECT: NEGRO O NERO? NERO! BRAVO, BRAVO!!



 

“Nel continente nero / Alle falde del Kilimangiaro / Ci sta un popolo di negri che ha inventato tanti balli / il più famoso è l'Hully-Gully Hully-Gully Hully-Ga... / Siamo i Watussi / siamo i Watussi /
gli altissimi negri / ogni tre passi ogni tre passi facciamo 6 metri”. Lo cantava Edoardo Vianello negli anni Sessanta. Prima del
politically correct. Ancora prima i legionari fascisti alla conquista dell’Etiopia intonavano “Faccetta nera / Bell’abissina / Aspetta e spera / Che già l’ora si avvicina”.

Secondo qualche cuor contento quindi Vianello sarebbe un bieco razzista perché chiama negri i Watussi e i fascisti del maresciallo Graziani invece sarebbero rispettosi cantori della correttezza linguistica.

Il paradosso mette in luce la povertà intellettuale, linguistica e semantica dei sinistri genitori dei brigatisti e dei nonni degli odierni centri sociali.

Tutto nasce dall’importazione acritica del temine, dispregiativo, “nigger”  di uso yankee. Certo che ad Haarlem, negli altri ghetti o nel profondo sud americano “nigger” ha valore di offesa. Ma “colored” o afroamericano che senso hanno da noi? Definireste colorato un vostro amico negro? O peggio afroamericano un signore che arriva dalla Nigeria? A proposito, a che tipo di imbecille verrebbe in mente di dire “neriano”, anziché nigeriano o chi altri ribattezzerebbe lo stato del Niger in Nerus? E dei padri comboniani di Nigrizia, che ne dicono questi imbecilli della linguistica d’accatto? Che sono beceri razzisti perché non hanno riformato il nome della loro benemerita fondazione in Nerizia?

Domande retoriche. Tutt’altro che retorica la risposta. In italiano la parola negro/a non ha alcuna connotazione razzista o dispregiativa. Definisce un insieme di popoli di discendenza camita, come il termine bianco/a si riferisce alle popolazioni indoeuropee. Negro deriva dal latino niger, che significa nero, ma oggi l’aggettivo nero è connotativo del colore, mentre il termine negro – nei secoli - si è specializzato sul fronte razziale. A differenza di bianco o giallo che sono rimasti indifferenziati.

È il contesto a dare il senso alle parole. Muso giallo è offensivo come dire “bianco di merda”. Il contesto può anche essere manifestato dal tono della voce. Quando nel corso di una lite mi rivolgo al mio interlocutore con: “ehi bello!” non voglio certo esprimere un complimento. Così come quando dico: “bravo, bravo!” a chi ha appena fatto un disastro.

Allora basta con questo buonismo veltroniano tardo comunista del cazzo.
Un sincero abbraccio a tutti i miei amici: negri e bianchi

                                                             (il mio amico Barnabas)

martedì 19 marzo 2013

PROVINCE. LA SICILIA LE CHIAMERÀ CONSORZI, CHE RIFORMA!



L’abolizione delle province siciliane è il titolo del’ultimo episodio della commedia all’italiana. “La Regione, con propria legge, istituisce i  consorzi  di comuni per l'esercizio delle funzioni di governo  di  area vasta, in sostituzione  delle  Province Regionali (mi raccomando la P e la R maiuscole!) e non si procede all'indizione e allo svolgimento delle elezioni provinciali. … disciplina,  inoltre, l'istituzione nel territorio della Regione  delle città metropolitane (Palermo, Catania, Messina)”.  Così l’art. 1.
Si chiameranno consorzi, ma la novità rispetto alla legge di spending review e salvItalia non si scorge. I consorzi avranno un presidente e un consiglio come previsto nei decreti Monti, e a loro “è attribuito il   compito  di  garantire  l'esercizio  delle  funzioni amministrative  di area vasta, laddove non  svolte  dalle città   metropolitane  delle  quali  è  altresì  prevista l'istituzione”.
La relazione introduttiva della giunta Crocetta alla legge spiega: “il risparmio annuo a regime, stimabile in base  ai dati  di  consuntivo 2010 (impegni), è pari a complessivi di 50.491.843 di euro. In base all'attuale situazione  e tenuto  conto delle scadenze naturali dei mandati si  può stimare, in via prudenziale, un risparmio per il  settore degli enti locali pari a circa 29.450.000 euro”.
Difficile capire  da cosa derivino i risparmi, visto che  personale e i suoi costi restano, le spese per le funzioni - consorzi o nuove province - ci saranno comunque. I risparmi dovrebbero arrivare dai costi della politica, che peraltro sono già azzerati (niente giunta, niente compensi) dal salvItalia. Possibile che sei province (escluse le future tre città metropolitane) spendessero quasi 5 milioni di euro all’anno per foraggiare la politica?
Insomma, una legge, e tanto clamore, per fare quello che già, a livello nazionale, è stato già deciso. Inoltre tra i 282 emendamenti con cui è stato sommerso il ddl (disegno di legge) ce n’è uno, proprio della giunta, per aumentare i consorzi da sei (Trapani, Agrigento, Caltanisetta, Enna, Ragusa e Siracusa) a otto, con l’aggiunta di Gela e Marsala. Costeranno poco, ma non sono a costo zero. E comunque oggi non ci sono.
Intanto l’unione delle province siciliane (UPS) ha presentato una sua proposta di legge: “Il tema dell’abolizione è solo fumo negli occhi per l’opinione pubblica – ha dichiarato Giovanni Avanti presidente dell’UPS –  con l’unico scopo di distogliere l’attenzione dai veri sprechi che sono tutti dentro la regione siciliana e i suoi tanti enti collegati. Se si dovesse ragionare in base ai numeri e all’efficienza dei servizi resi ai cittadini dovremmo parlare di abolizione della regione piuttosto che delle province”.
Non basta oltre il fuoco incrociato di Udc e Pdl, il commissario dello Stato Carmelo Aronica ha emendato, per incostituzionalità, alcuni punti del ddl Crocetta, cassando anche i primi settanta emendamenti presentati al disegno di legge governativo. Emendamenti che già il giorno dopo erano 194 per poi salire al vertiginoso numero di 282. Tanto che il presidente della prima commissione ha dichiarato: “Mi auguro  – ha detto  appunto Marco Forzese – che nel vertice di maggioranza si trovi la quadra attorno a questa riforma ed auspico che a sala d’Ercole il governo Crocetta si presenti con un maxiemendamento condiviso”.
La riforma delle province siciliane tarda ad arrivare, nonostante si stia cercando di fare di tutto per dare in pasto all’opinione pubblica una legge “al massimo entro la settimana prossima”, come ha detto il presidente dell’assemblea Giovanni Ardizzone, e nello specifico entro il 26 marzo, “data in cui la riforma – ha detto l’assessore alle autonomie locali, Patrizia Valenti – dovrà essere già pubblicata”.
Perché tanta fretta? Per non cambiare nulla.

lunedì 18 marzo 2013

SENATO. GRASSO CHE COLA DAI 5 STELLE AL PD

Se ti dissoci e voti con me sei un uomo, o una donna, libero. Se ti dissoci da me sei un farabutto. Questa la logica che troppo spesso accompagna i giudizi sul voto dei “dissidenti”.


La disciplina parlamentare non l’ha inventata Beppe Grillo e neppure il Movimento 5 Stelle. I gruppi politici alla camera e al senato nascono per rendere più agevole la gestione dei lavori e sono previsti dai regolamenti dei due rami del parlamento. Gli eletti in una lista, se arrivano al numero previsto, si costituiscono in gruppo, altrimenti aderiscono al gruppo misto.
Il gruppo, tramite il capogruppo o un suo incaricato, dichiara l’intenzione di voto. Nello scorsa legislatura il parlamentare che più spesso si è dissociato dal voto del gruppo è Domenico Scilipoti, non proprio un esempio unanimemente riconosciuto, che nei suoi giri dall’Idv di Di Pietro ai “Responsabili” a “Popolo e territorio” ha votato una volta su 5, oltre il 20%, contro le indicazioni del suo gruppo. E poi guarda caso è stato imbarcato dal PdL.
Non a caso chi si è dissociato più spesso, come la senatrice Poli Bortone, i parlamentari Furio Combo, Maria Antonietta Farina Coscioni o i radicali eletti nelle liste del PD non sono stati ripresentati in quest’ultima tornata.
A questo punto stupisce meno la reprimenda di Beppe Grillo, leader esterno, a quel manipolo di senatori che dopo aver partecipato alla riunione del gruppo che aveva deciso l’astensione per l’elezione del presidente del senato poi hanno votato per Grasso eletto nel PD e proposto dal suo partito.
Nel caso in questione non si può invocare la libertà di mandato perché i senatori hanno accettato la decisione del proprio gruppo. Non è etico votare in libertà dopo che ci si è rimessi alla decisione del gruppo.

sabato 16 marzo 2013

TAGLIO ALLE REGIONI E ALLE PROVINCE. SHOCK ISTITUZIONALE


 
Non 36 di meno come previsto dal governo Monti, ma 36 in tutto (comprese le regioni) questa la proposta-shock che fa la Società geografica italiana. Un ente scientifico nato nel 1867. Un taglio netto di 20 regioni, 10 città metropolitane, 2 province autonome e altre 71 ordinarie. Un’operazione di architettura costituzionale che richiede una riforma del titolo V e una legge ad hoc con doppia lettura da parte delle camere.

Piemonte diviso in due. Lombardia in tre con l’inserimento di Verona, ma perde Lodi e Cremona che vanno con Parma e Piacenza. Il resto dell’Emilia in due parti, con Ferrara che si unisce a Rovigo, mentre il Veneto residuo si coagula attorno a Padova. Per restare solo al nord: Spezia va con la Toscana tirrenica. Una rivoluzione.

I risparmi sarebbero enormi, ma l’obiettivo è più ambizioso: “La nuova mappa porterebbe vantaggi a livello di riduzione di costi della politica e di gestione territoriale, ora troppo frantumata nel caso delle province e troppo squilibrata nel caso delle regioni” ha dichiarato il presidente della Società geografica, Franco Salvatori. “Se guardassimo al passato –l’Ansa riporta le parole di Salvatori – questo piano non sarebbe attuabile, viste le enormi resistenze territoriali che si sono sempre manifestate, ma la crisi economica richiede innovazione”.

Soluzione più radicale della proposta fatta ad inizio anni Novanta dalla Fondazione Agnelli che prevedeva la nascita di 12 macroregioni o quella quasi contemporanea del professor Miglio che ipotizzava tre realtà: Padania al nord, Etruria al centro e Enotria al sud, ma entrambe con la sopravvivenza delle province.

La soluzione della Società geografica italiana (www.societageografica.it) elimina i confini regionali,  e riduce di due terzi le province. La proposta per il riordino territoriale dello Stato nasce dagli studi che nel corso degli ultimi vent’anni la Società stessa ha sviluppato a partire dal “progetto 80”. Quando si immaginò di ridisegnare l’assetto italiano per adeguarlo alla modernizzazione del sistema insediativo e dell’apparato produttivo.

Le risultanze sono riprodotte in maniera schematica nella mappa in fondo al testo, che costituisce la variante principale di un assetto che conta 36 entità territoriali definite “eco-sistemi urbani”. Le nuove circoscrizioni sono state delimitate sulla base della messa in rete di realtà urbane contigue (gli attuali capoluoghi di provincia), legate da forti interazioni funzionali e tali, dunque, da identificare la maglia base della stessa organizzazione territoriale italiana.

Gli assetti delineati sono stati tracciati a partire dalle reti infrastrutturali (legate alla mobilità, ai trasporti e alle comunicazioni), presenti sul territorio o in avanzata fase progettuale incrociate con le interazioni tra l’ambiente e la società secondo un modello geografico in progressiva evoluzione. La logica seguita è stata quella della potenzialità organizzativa e decisionale delle singole città e del sistema che lo costituiscono. In questa fase progettuale non è individuata la città egemone sulle altre e le linee di confine prescindono dalla configurazione regionale.

Si tratta di organismi politico-amministrativi sostitutivi delle attuali province e delle attuali regioni. Lo schema ricomprende anche le “aree metropolitane”, così come sono state definite negli ultimi provvedimenti di legge e finora mai rese operative.

Il federalismo troverebbe una più compiuta attuazione, senza lo spezzettamento legislativo compiuto dalle regioni. Allo Stato il compito di legiferare, alle nuove province quello di programmare e gestire i servizi di area vasta. Ai comuni la funzione gestionale propria. Ai nuovi enti anche i patrimoni, risorse e personale delle regioni e delle province soppresse.

 

Queste le province previste dal piano Monti per le regioni a statuto ordinario:
PIEMONTE (4). Torino (Città metropolitana); Cuneo; Alessandria e Asti; Vercelli, Biella,  Verbano/Cusio/Ossola e Novara.
LOMBARDIA (7). Milano (Città metropolitana); Brescia; Bergamo; Pavia; Como, Varese, Monza/ Brianza; Lodi, Mantova e Cremona; Sondrio e Lecco.
VENETO (5). Venezia (Città metropolitana); Vicenza; Verona; Rovigo e Padova; Belluno e Treviso.
LIGURIA (3). Genova (Città metropolitana); La Spezia; Savona e Imperia.
EMILIA ROMAGNA (5). Bologna (Città metropolitana); Modena e Reggio Emilia; Parma e Piacenza; Ferrara; Ravenna, Forlì/Cesena e Rimini.
TOSCANA (4). Firenze (Città metropolitana), Prato, Pistoia; Grosseto, Siena; Arezzo; Lucca, Massa/Carrara, Pisa e Livorno.
UMBRIA(1). Perugia e Terni.
MARCHE (3) Ancona; Pesaro/Urbino; Ascoli Piceno, Macerata e Fermo
LAZIO. Roma (Città metropolitana); Frosinone e Latina; Rieti e Viterbo (3).
ABRUZZO (2). L'Aquila e Teramo; Pescara e Chieti.
MOLISE (1). Campobasso e Isernia.
CAMPANIA (4). Napoli (Città metropolitana); Salerno; Caserta; Avellino e Benevento.
BASILICATA (1). Potenza e Matera
PUGLIA (4). Bari (Città metropolitana); Lecce; Foggia, Barletta/Andria/Trani; Taranto e Brindisi
CALABRIA (3). Reggio Calabria (Città metropolitana); Cosenza, Crotone; Catanzaro e Vibo Valentia

Ecco la mappa pubblicata dal Corriere.it

 Per quanto riguarda le regioni a Statuto speciale, la Sardegna ha deciso, con un referendum, di dimezzare le province, tornando a 4 (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano). La Sicilia vaglia un disegno di legge che prevede 3 città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) più 8 consorzi di comuni (le altre 6 province - Trapani, Agrigento, Enna, Caltanisetta, Ragusa, Siracusa - più Gela e Marsala). In Friuli Venezia Giulia dovrebbero rimanere le 4 attuali (Trieste, Udine, Pordenone, Gorizia), ma con compiti consultivi. Nessuna modifica è prevista per Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige (Bolzano e Trento).
 

Questa invece la suddivisione in 36 prevista dalla Società geografica italiana:
 

Aosta, Vercelli, Novara, Verbano/Cusio/Ossola

Torino

Cuneo, Alessandria, Asti (ex Piemonte).

Genova, Savona, Imperia (ex Liguria).

Varese, Como, Lecco, Sondrio, Bergamo

Milano, Pavia, Monza/Brianza

Brescia, Verona, Mantova (ex Lombardia).

Venezia, Padova, Vicenza, Treviso, Belluno

Rovigo, Ferrara (ex Veneto).

Trento, Bolzano (Trentino Alto Adige).

Udine, Trieste, Gorizia, Pordenone (Friuli Venezia Giulia).

Piacenza, Lodi, Cremona, Parma

Bologna, Reggio Emilia, Modena

Ravenna, Forlì/Cesena, Rimini (ex Emilia Romagna).

Spezia, Massa/Carrara, Lucca, Pisa, Livorno

Firenze, Prato, Pistoia, Arezzo

Siena, Grosseto (ex Toscana).

Perugia, Terni (Umbria).

Ancona, Pesaro/Urbino, Macerata, Fermo, Ascoli Piceno (Marche).

Roma, Viterbo, Rieti

Latina, Frosinone, Isernia (Lazio).

Aquila, Pescara, Chieti, Teramo (Abruzzo).

Campobasso, Foggia

Bari, Barletta/Andria/Trani

Taranto, Brindisi, Lecce (ex Puglia).

Napoli, Caserta

Salerno, Benevento, Avellino (ex Campania).

Potenza, Matera (Basilicata).

Catanzaro, Cosenza, Locri, Vibo Valentia

Reggio Calabria (Calabria).

Messina

Palermo, Trapani

Agrigento, Ragusa Caltanisetta, Enna

Catania, Siracusa (Sicilia).

Cagliari, Oristano, Iglesias/Carbonia, Medio Campidano, Ogliastra

Sassari, Nuoro, Tempio/Olbia (Sardegna).

giovedì 14 marzo 2013

PAPA FRANCESCO NON È D’ASSISI VIENE DALLA FINE DEL MONDO



“Un papa scelto alla fine del mondo”. Il riferimento di Jorge Mario Bergoglio è a Ushuhaia nella Terra del fuoco argentina - a sud della Patagonia - la città più meridionale al mondo. Fin del Mundo (Finis Terrae) per i suoi abitanti. Non è questa l’unica frase che va spiegata e interpretata nel saluto papale del primo pontefice americano. Anzi latino-americano con chiare origini italiane. Ben radicate nell’ex regno di Sardegna.

Il padre nato a Torino, ma originario di Bricco Marmorito frazione di Portacomaro stazione nell’astigiano, la mamma Regina Sivori genovese, con un cognome tipico del chiavarese. Forse lontani parenti di Omar Sivori, l’angelo dalla faccia sporca che vestì la maglia di Juventus e Napoli fra gli anni ’50 e ’60. Però El cabezon giocò nel River Plate, mentre il papa tifa ASLA (San Lorenzo de Almagro).

Non è l’unica confusione possibile. La più grave, in cui sono incorsi tutti i vaticanisti, è stato attribuire il nome Francesco al santo gesuita Francesco Saverio. Invece Jorge Mario Bergoglio - anche se è il primo papa gesuita della storia - ha detto di essersi ispirato ai poveri e alla pace nella scelta del nome e per questo al poverello di Assisi. I gesuiti e il loro primate, noto come il papa nero, rappresentano da sempre una sorta di alter ego nella chiesa romana. Fra questi, appunto Francisco Javier, nobile navarro, missionario nelle Indie e uno dei primi seguaci di Ignazio di Loyola. In questa chiave il nome scelto da Bergoglio indica anche l’evangelizzazione. Infatti papa Francesco ha richiamato i fedeli a pregare per la rievangelizzazione di Roma.

Altro punto da chiarire è che si sia sempre nominato come vescovo di Roma e non come papa della cristianità. Dai gesuiti argentini il giovane Bergoglio prese le distanze quando questi sposarono le teorie della liberazione in odore di eresia marxista. Da qui l’accusa che la sinistra argentina gli fa di essere stato vicino alla dittatura dei militari. Una sciocchezza colossale. Il nuovo papa si muove nell’ambito della tradizione, depreca il capitalismo finanziario e l’uso spregiudicato del danaro, dà grande valore alla carità.

Carità e preghiera. Ha da subito invitato la piazza gremita di fedeli e curiosi, a pregare prima unendosi a lui nel Pater, Ave, Gloria e poi da sola, in silenzio.

Ha esordito con un inusuale e informale: “Buonasera”. Se la buona sera si vede dal saluto … lo capiremo presto. Perché papa Francesco mette d’accordo i tradizionalisti e i progressisti. Era molto legato al cardinal Martini, lo è pure con il papa emerito.

lunedì 18 febbraio 2013

FEDE – NEL TERZO MILLENNIO CONTINUA LA MATTANZA DEI CRISTIANI


Sono 105.000 i cristiani uccisi nel 2012 a causa della loro fede. Lo dice il centro di statistica religiosa fondato da David Barrett, negli Stati Uniti. Michel Hrynchyshyn presidente, sino alla sua morte nel novembre 2012, della pontificia commissione per i nuovi martiri ricordò come: “il XX secolo ha prodotto il doppio delle vittime cristiane, rispetto a quanti ne sono stati uccisi nei diciannove secoli precedenti”. Non solo cattolici, ma protestanti, evangelici, ortodossi, copti in Egitto, caldei in Iraq e così via in un crescendo che per numeri, semmai questa contabilità ha un senso, supera di molto le vittime della Shoah.
Le persecuzioni e i massacri sono all’ordine del giorno in Nigeria, in Sudan – dove per anni è infuriata una guerra contro i cristiani del Dasfour, che ha portato alla divisione in due stati – ma anche in Somalia, in Kenya e nei paesi mediterranei del nord Africa. Malgrado la presenza secolare di comunità cristiane, tollerate e anche protette in passato, oggi nei paesi islamici il fondamentalismo scaccia quelli che sono considerati dittatori – come lo furono Sadat in Iraq, Moubarak in Egitto e oggi Bashar al Assad in Siria – ma che come eredi del nazionalsocialismo baatista avevano protetto i cristiani.
I massacri sono all’ordine del giorno anche in Oriente. Nello stato indiano dell’Orissa, a Timor in Indonesia, a Mindanao nelle Filippine. Casi isolati, ma di grande impatto mediatico accadono in Pakistan. E qui la responsabilità è del fondamentalismo islamico. Per fortuna i regimi comunisti ormai al lumicino – salvo la Corea del nord – non sono più come in passato autori di grandi crimini. Anche se in Cina prosegue la guerra alla chiesa cattolica. Sono lontani i tempi in cui gli anarco-comunisti spagnoli massacravano suore e preti durante la guerra civile spagnola. Due di loro, seguaci di don Orione  – Ricardo Gil Barcelon e Antonio Arrué Peirò – trucidati a Valencia nel 1936 dalle milizie repubblicane, presto saranno innalzati agli onori degli altari. Come gli ottocento martiri di Otranto decapitati dai turchi nel 1480.

venerdì 8 febbraio 2013

TASSE – RIDURRE GLI F35, VIA L’IMU 1^ CASA = UNA 14^ AGLI ITALIANI


Rimborsare agli italiani l’IMU prima casa è possibile? Berlusconi dice che la transazione con la Svizzera, sui capitali italiani depositati nelle banche elvetiche, porterà dai 20 ai 30 miliardi di euro subito e 4/5 miliardi all’anno a regime. Ma se l’accordo richiedesse tempi più lunghi come ripianare il buco di bilancio? Intanto va detto che il gettito generato dall’imposta sulla prima casa è un sesto, il 16%, dell’entrata totale dell’imposta. E tanto per dare un rapporto sul peso di questa cifra sul bilancio totale dello stato parliamo del 4 per mille, ossia dello 0,4%. Comunque sono sempre tanti soldi, poco meno di 4 miliardi. La soluzione tutto sommato non richiede maghi dell’economia, guru dei derivati, finanzieri creativi. Basta un po’ di buon senso. I caccia F35, al cui progetto di realizzazione partecipa anche l’industria italiana e anche per questo non vanno demonizzati, all’origine sarebbero dovuti costare 35 milioni di euro, ad oggi secondo stime del Pentagono sono già saliti a 85 milioni. Alla fine il loro prezzo non sarà inferiore agli 85 milioni. Ben lontano dalle cifre fantasiose diffuse   in parlamento dalla coppia IDV  Di Pietro-Barbato.
Il governo italiano aveva programmato l’acquisto di 131 velivoli. Il gabinetto Monti li ha già ridotti a 90. Dei quali 60 F-35 A (Aeronautica militare) e 30 della versione B, ovvero quella a decollo corto e quindi destinata alle due portaerei italiane (Cavour e Garibaldi) in gestione congiunta tra Aeronautica e Marina. Ecco che in un momento come questo chiedere un ulteriore sacrificio alla Difesa si rende necessario. Anche Roberta Pinotti (ex responsabile difesa del PD) aveva chiesto di scendere a 40/50 caccia. Dimezzare il numero dei caccia significa risparmiare, subito, 3.825 milioni. Dando copertura pressoché totale ad un rimborso che per molte famiglie italiane a medio reddito, fra rimborso 2012 e annullamento 2013, significa in pratica una mensilità in più. Una quattordicesima insperata per il rilancio dell’economia.

HOCKEY – L’ITALWORLD ROSA VUOLE LA CONSACRAZIONE MONDIALE



L’hockey su prato, non tutti lo sanno, è dopo il calcio lo sport olimpico di squadra più antico. È presente alle olimpiadi dal 1908 e dal 1980 con la versione femminile. È praticato nei 5 continenti con punte di popolarità nei paesi anglosassoni e nel subcontinente indiano. Negli Stati Uniti e in Argentina è il primo sport femminile per numero di praticanti. In Italia? Vivacchia dal 1936. Lo gestisce una federazione sub judice, infatti pende un ricorso di regolarità assembleare all’alta corte del Coni, ma la FIH ha un’eccellenza: la nazionale femminile.
Le azzurre, che avevano sfiorato la qualificazione olimpica nel 2008 ci sono andate vicine anche nel 2012. Ora puntano sulla World League. A Valencia dal 25 febbraio al 3 marzo si giocherà il Round2. Il primo lo hanno già superato a Praga, in agosto. Qualificarsi significherebbe arrivare fra le prime 16 al mondo e poi  si vedrà.
Il CT Fernando Ferrara, un italo-argentino, ha convocato le atlete per un raduno che si terrà al centro di preparazione olimpica dell’Acqua Acetosa dal 15 al 20 febbraio. Le stelle, oltre le sorelle italo-olandesi Alessia -capocannoniere al torneo preolimpico e bomber della fortissima squadra dell’Aja - e Chiara Padalino,  sono italo argentine. In particolare Agustina Di Bernardo star di prima grandezza dell’hockey portegno, rientrata in Italia grazie a Luca Fabrizio e alla DueGemme Argentia, dopo l’esperienza dell’europeo 2007. Le altre argentine, tutte con rigorosa ascendenza italica, sono: Aldana Lovagnini, Magdalena Gonzalez Casale, Ana Bertarini, Victoria Giarrizzo, Macarena Ronsisvalli,  Valentina Braconi Brisigelli, Giuliana Ruggieri. C’è pure un’italo-polacca,  Agata Wibyeralska, mentre la nostra capitana Chiara Tiddi gioca in Spagna.
Una multinazionale completate dalle italiane di scuola e di nascita: Chirico Martina, Tiralongo Evelina (Cus Pisa); Massidda Giulia (Argentia DueGemme); Pacella Elisabetta, Pacella Giulia (Acea Roma); Di Mauro Eleonora, Mirabella Dalila (HCU Catania); De Guio Marta (SG Amsicora). Due di loro rimarranno a Roma, le 18 prescelte voleranno a Valencia per dare la scalata al Gotha dell’hockey mondiale. Le loro avversarie per i due posti che ammettono ai gironi di semifinale saranno le spagnole, favorite di casa, le irlandesi, eterne rivali, le bielorusse, che ci hanno preceduto a Praga, e le modeste ceche.


http://www.fih.ch/en/events/worldleague
http://www.facebook.com/hockeyloveitalia

mercoledì 30 gennaio 2013

EVENTI – SAN VALENTINO MOBILITA UN MILIARDO DI DONNE


Sono già 58 le città italiane che hanno aderito al più grande flashmob della storia. Il giorno di san Valentino (14 febbraio) le donne si regaleranno un abbraccio planetario da un miliardo di persone. Tutte a ballare per rialzarsi insieme grazie a One billion rising la campagna lanciata, durante la competizione elettorale per le presidenziali americane, da Eve Ensler la notissima autrice dei “Monologhi della vagina”. Fra i testimonial Robert Redford, che ballerà, anche lui, assieme a tutti gli uomini che amano le donne.


martedì 29 gennaio 2013

SANITÀ. CHI CURA IL WELFARE MALATO? I TICKET SALGONO DEL 52%


Il 77% dei pensionati italiani prende una pensione sotto i 1.000, il 17% prende addirittura meno di 500 euro al mese. Il fondo sanitario di 110 miliardi è cresciuto dal 2000 al 2010 del 60%. In tre anni (dal 2009 al 2011) il ticket medio pro capite è cresciuto da 14,3 a 21,8 euro, ovvero +52%. Per contro non c’è riduzione della spesa in termini sprechi. Se prendiamo alcune voci di bilancio degli ospedali, come lavanderia, mensa, pulizie, costi telefonici, risulta che a fronte di un ammontare complessivo di 4 miliardi annui, si bruciano mediamente 2 miliardi di euro l’anno in sprechi
In Italia ci sono 52 centri trapianti. A Roma ce ne sono 5 di quartiere, con una media di pochi interventi l’anno ciascuno. Negli Stati Uniti c’è un solo centro dedicato al trapianto di fegato, in Italia ce ne sono 30. 
“Che fiducia può riporre un paziente in un centro trapianti che fa per esempio 3 trapianti di fegato l’anno?” Se lo è chiesto  il presidente di FederAnziani Roberto Messina nel corso del convegno “Allarme sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale, organizzato dalla Fimmg presso la camera dei deputati.
I deputati naturalmente non c’erano erano a fare campagna elettorale e a promettere una sanità più efficiente (i leader nazionali) e una sanità con tanti ospoedali sul territorio (i leaderini locali)

INFORMAZIONE – DA MONTECARLO A CAIRO, LA7 HA UN NUOVO PADRONE


Urbano Cairo compra La7. Ha battuto la concorrenza del fondo Clessidra per l'acquisizione dei canali televisivi di Telecom Italia Media (che comprendono anche La7d e il 51% di Mtv). Lo anticipa Affaritaliani.it. La notizia  ufficiale il 7 febbraio, quando si riunirà il cda di Telecom Italia.
Non è ancora noto il valore dell'operazione. Le indiscrezioni circolate parlano di un'offerta superiore ai 100 milioni di euro per i soli asset tv, escluse le frequenze digitali che potrebbero rimanere a Telecom o diventare oggetto di una trattativa con altri soggetti. Cairo è anche concessionario di pubblicità di La7 e La7d.
L’editore nasce come pubblicitario, comincia con il gruppo Fininvest dove arriva al ruolo di direttore commerciale e vice direttore generale di Publitalia '80, e poi amministratore delegato, dal 1991 al 1995 di Arnoldo Mondadori Editore pubblicità. Nel 1996 fonda Cairo Pubblicità e  ottiene dal gruppo RCS l’esclusiva della pubblicità su: Io Donna, Oggi e TV Sette. Oggi ha in portafoglio: Bell'Italia, Bell'Europa, Airone, In Viaggio, Gardenia, Arte e Antiquariato, i mensili For Men Magazine e Natural Style e i settimanali Dipiù e DipiuTv di Cairo Editore e il mensile Prima Comunicazione. Dal 2005 proprietario e presidente del Torino Football Club 1906

lunedì 28 gennaio 2013

INFORMAZIONE - I SORDI: LA RAI NON CI SENTE

Tempo di elezioni. E allora come cinque anni fa, era il 3 aprile 2008, i sordi manifestano contro la Rai. Perché come spiega l’Ente nazionale sordi: “La Rai ci esclude da programmi televisivi di rilevanza dal punto di vista informativo, culturale, di approfondimento politico in quanto privi di sottotitolazione o di traduzione in Lis”. Giuseppe Petrucci, presidente dell’ENS, ha inviato una nota al ministro delle comunicazioni Corrado Passera, alla presidente Rai Anna Maria Tarantola, al segretariato sociale Rai, alla presidenza della commissione di vigilanza Rai e alla presidenza dell’Agcom. “Quelle poche trasmissioni che vengono sottotitolate – prosegue l’Ens – il più delle volte sono incomprensibili e di pessima qualità, fornendo così un servizio offensivo della dignità degli utenti sordi”. Cinque  anni fa lo il motto era stato "non vedo, non sento, non voto". Oggi intendono salvaguardare i loro diritti di cittadini che, al pari degli udenti, pagano per intero il canone Rai.





INFORMAZIONE - PD: BERLUSCONI PADRONE DEI TG

Questi i dati dell'Osservatorio del Pd sul pluralismo dell'informazione dei Tg per la settimana 21/27 gennaio edizioni serali e divisi per leader oltre che per partiti.
Il Pdl e Berlusconi (con il 34% del tempo di parola contro il 20 del Pd) sono stati privilegiati  dal Tg1 che pure non aveva ricevuto uno specifico ordine di riequilibrio; il Tg3, che invece doveva riequilibrare per specifico ordine, ha dato al Pdl il 36% e al Pd il 15. Il Tg La7, destinatario di sanzione e di ordine di riequilibrio, per aver dato troppo a Grillo e poco ai minori, ha dato oltre il 30% al Pdl e il 19% al Pd". Lo ha reso noto Roberto Zaccaria, coordinatore dell'Osservatorio dei piddini.