domenica 28 aprile 2013

GOVERNO. LETTA TAGLIA LE ALI. VEDRÒ DI VOLARE PIÙ ALTO


 

Un solo ex Pci/Pds (atipico) e nemmeno un ex Msi/An. È questa la cifra politica del governo nato nel think-thank Vedrò del duo Alfano-Letta. L’Alfetta di governo dopo aver scaricato i due passeggeri scomodi, Sel e Lega, ha lasciato a terra anche le due estreme dei rispettivi partiti. D’Alema, Bersani, Matteoli, Gasparri &co., che sono stati protagonisti della lotta politica anche prima della caduta del muro di Berlino, sono fuori dai giochi.

In questi anni si è scritto molto delle fondazioni Italiani Europei di D’Alema e Amato (che peraltro ha inserito nel governo Bray e il più defilato Trigilia) o Res Publica di Tremonti. Molto poco di Vedrò. Un think thank trasversale, ma con solide radici ex democristiane. Che ha come progetto: l’Italia al futuro!

Dei cinque ministri del Pdl quattro sono iscritti a Vedrò (Alfano, De Girolamo, Lorenzin e Lupi), anche il giovane turco Orlando (Pd) e l’olimpionica Josefa Idem (Pd) sono membri della fondazione come il sottosegretario alla presidenza del consiglio Patroni Griffi.

Si è parlato molto delle sette donne: un terzo della compagine. Ma Vedrò fa meglio. Il premier, il vicepremier e minsitro agli interni, il sottosegretario alla presidenza e altri cinque ministri.

Letta (non Enrico!) così, la divisione Pd (9), Pdl (5) è meno decisiva. Dei sette piddini residui due, come detto, sono ascrivibili alla fondazione Italianieuropei. Dario Franceschini - amico personale di Letta - e Graziano Del Rio, ora renziano ex sindaco di Reggio e presidente dell’Anci, sono democristiani, come l’udicino D’Alia. Maria Grazia Carrozza e Cecile Kyenge non hanno pedigree politico. L’ex sindaco di Padova, Flavio Zanonato, l’unico che ha militato nell’ex Pci - di cui è stato anche segretario provinciale - è stato definito “piccolo gerarca” da Laura Puppato ed è famoso per la costruzione del muro antispaccio e prostituzione di via Anelli o per le sue simpatie per il nucleare. Insomma, comunista sì, ma di quelli alla Putin che piacciono tanto alla destra.

L’altro azionista del governo, oltre il think-thank Vedrò,  è Giorgio Napolitano. Che ha imposto i suoi saggi: Giovannini, Moavero Milanesi, Mauro (gli ultimi due in quota Scelta civica), Quagliariello (quota Pdl), più l’ex prefetto Cancellieri alla giustizia (sai come sono contenti magistrati!), l’uomo forte di Bankitalia, Saccomanni, all’economia e la radicale Bonino agli esteri.

Chi vince?  L’ala ex diccì del Pd, con Renzi (anche lui di Vedrò come Deborah Serracchiani) che si appresta a fare ticket con Letta in vista del congresso contro il duo Barca-Civati. Vince Berlusconi che liquida l’anima ex missina rimasta nel Pdl e si cautela grazie a Napolitano sul fronte della giustizia. Perde Monti che non piazza nessuno dei suoi fedelissimi. Perde Bersani che ha provato a dire, dopo i suoi 55 giorni di inedia, che in fondo un governo non era obbligatorio farlo.

 

giovedì 25 aprile 2013

POLITICALLY CORRECT: NEGRO O NERO? NERO! BRAVO, BRAVO!!



 

“Nel continente nero / Alle falde del Kilimangiaro / Ci sta un popolo di negri che ha inventato tanti balli / il più famoso è l'Hully-Gully Hully-Gully Hully-Ga... / Siamo i Watussi / siamo i Watussi /
gli altissimi negri / ogni tre passi ogni tre passi facciamo 6 metri”. Lo cantava Edoardo Vianello negli anni Sessanta. Prima del
politically correct. Ancora prima i legionari fascisti alla conquista dell’Etiopia intonavano “Faccetta nera / Bell’abissina / Aspetta e spera / Che già l’ora si avvicina”.

Secondo qualche cuor contento quindi Vianello sarebbe un bieco razzista perché chiama negri i Watussi e i fascisti del maresciallo Graziani invece sarebbero rispettosi cantori della correttezza linguistica.

Il paradosso mette in luce la povertà intellettuale, linguistica e semantica dei sinistri genitori dei brigatisti e dei nonni degli odierni centri sociali.

Tutto nasce dall’importazione acritica del temine, dispregiativo, “nigger”  di uso yankee. Certo che ad Haarlem, negli altri ghetti o nel profondo sud americano “nigger” ha valore di offesa. Ma “colored” o afroamericano che senso hanno da noi? Definireste colorato un vostro amico negro? O peggio afroamericano un signore che arriva dalla Nigeria? A proposito, a che tipo di imbecille verrebbe in mente di dire “neriano”, anziché nigeriano o chi altri ribattezzerebbe lo stato del Niger in Nerus? E dei padri comboniani di Nigrizia, che ne dicono questi imbecilli della linguistica d’accatto? Che sono beceri razzisti perché non hanno riformato il nome della loro benemerita fondazione in Nerizia?

Domande retoriche. Tutt’altro che retorica la risposta. In italiano la parola negro/a non ha alcuna connotazione razzista o dispregiativa. Definisce un insieme di popoli di discendenza camita, come il termine bianco/a si riferisce alle popolazioni indoeuropee. Negro deriva dal latino niger, che significa nero, ma oggi l’aggettivo nero è connotativo del colore, mentre il termine negro – nei secoli - si è specializzato sul fronte razziale. A differenza di bianco o giallo che sono rimasti indifferenziati.

È il contesto a dare il senso alle parole. Muso giallo è offensivo come dire “bianco di merda”. Il contesto può anche essere manifestato dal tono della voce. Quando nel corso di una lite mi rivolgo al mio interlocutore con: “ehi bello!” non voglio certo esprimere un complimento. Così come quando dico: “bravo, bravo!” a chi ha appena fatto un disastro.

Allora basta con questo buonismo veltroniano tardo comunista del cazzo.
Un sincero abbraccio a tutti i miei amici: negri e bianchi

                                                             (il mio amico Barnabas)