mercoledì 10 settembre 2014

HOCKEY. L’INCAPACITÀ DI COMUNICARE. EPPURE È UN AMORE GRANDE

 
Chi è questa signora, mamma di quattro figli, che esibisce con fair play il suo bastone da hockey nel prato di casa, soavemente appoggiata ad una porta da hockey? Il fratello Nick è diventato scrittore di successo con Febbre a 90° (Fever Pitch), che narra la storia della sua vita come tifoso dell'Arsenal e poi con gli altri romanzi ha venduto più di 5 milioni di copie. Il marito, Richard Harris giornalista alla BBC e uno dei più noti commentatori dell'Observer e del Sunday Times, è diventato famoso in tutto il mondo nel 1992 con il romanzo ucronico Fatherland. Ucronico, non utopico, significa collocato non in un luogo immaginario, ma in un tempo immaginario. Che racconta di un regime nazista vittorioso e che si divide l’impero del mondo con gli USA.
Gill, questo il nome della lady cinquantacinquenne, vive a Kintbury nel Berkshire in Inghilterra e per la sua intervista su Vanity Fair di marzo ha scelto questa bella foto che la ritrae con la sua passione segreta: l’hockey.
Ma non vi ho ancora detto chi è. È Gill Hornby, sino a ieri moglie di Richard e sorella di Nick, ex giocatrice nella squadra del suo college e poi nel club del Berkshire, e oggi autrice di grande successo (in Italia l’ha pubblicata Mondadori) del romanzo “La mamma dell’anno”. Un best seller in dieci nazioni, uscito in Italia il 25 febbraio.
Non è del libro che vi voglio parlare, ma della straordinaria serie di personaggi famosi che hanno giocato ad hockey. Tutti legati dall’understatement, mentre chi ha fatto rugby lo esibisce e fa lobby. Infatti del rapporto con l'hockey di Anna Moffo, regina della lirica rivale di Maria Callas, Federica Sciarelli, principessa del talk-show Chi l’ha visto?, Caroline Kennedy, figlia del presidente JFK, Silvia Costa, attrice e poi eurodeputato, Lynette Durand, mamma di Roger Federer signore del tennis, Brooklyn Beckam, figlio del re del pallone David e tanti altri se ne sa pochissimo.
Come di Gill che in tutta l’intervista non parla mai di hockey, però poi sceglie - con apparente nonchalance – di presentarsi iconograficamente con il suo bastone da hockey, sul prato di casa, appoggiata alla porta verso chissà quante volte avrà tirato nelle partitelle di famiglia o con le amiche.
Allora mi viene in mente Genova, la città più british del continente. Dove è nato l’hockey in Italia. Schiva quanto gli hockeisti. Che ama tenere per sé i suoi tesori e i suoi sentimenti, non esibirli. Sino a diventare musona. Incapace di presentarsi al mondo. Quel mondo che ha contribuito a fare più grande come poche altre città della Terra.
Chi sa che Cristoforo Colombo, Andrea Doria, Niccolò Paganini, Giuseppe Mazzini, Nino Bixio, Goffredo Mameli, Giuseppe Garibaldi, Eugenio Montale, Palmiro Togliatti, Sandro Pertini, papi ma pure Moana Pozzi, premi Nobel ma anche un mare di comici (Crozza, Grillo, Fazio, Villaggio, Vergassola, Solenghi, Braschi, Pistarino) e cantautori (De Andrè, Paoli, Tenco Lauzi, Bindi, Fossati, Baccini) sono nati o sono cresciuti a Genova?
Grazie Gill per averci ricordato questa nostra incapacità a raccontare l’hockey fuori dal nostro prato. Forse sarebbe l’ora di cambiare. Forse sarebbe il caso di fare come tuo fratello che la sua passione per il football – e non ne aveva certo bisogno – l’ha esibita e raccontata. Eccome

giovedì 21 agosto 2014

CORALLO, GENOVESI, HOCKEY E GIBILTERRA: UNA STORIA MEDITERRANEA



A Gibilterra ci sono 250 hockeisti su 30.000 abitanti. Come se in Italia su 60 milioni ce ne fossero 500.000. Invece sono poco più di 3.500. A Gibilterra, scrive lo storico Alberto Rosselli: “Secondo il locale archivio storico, nel 1725, su una popolazione complessiva di 1.113 anime risultavano esserci 414 genovesi, 400 spagnoli, 137 ebrei della diaspora, 113 britannici e 49 tra portoghesi, olandesi e arabi...
Ancora oggi i cognomi genovesi presenti nella Rocca sono moltissimi: Parodi, Baglietto, Bossano, Robba, Montegriffo o i deformati Olivero (Olivieri) Danino (Dagnino), Chipolina (Cepollina), Shacaluga (Sciaccaluga) e fra gli hockeisti Remage (Remaggi) Valarino (Vallarino), Stagno.
Sì, come Nathan Stagno l’arbitro internazionale che ha diretto gare in tutte le quattro maggiori competizioni internazionali: Olimpiadi, Mondiali, World League, Champions Trophy, oltre ovviamente gli europei, l’EuroLega e le altre coppe continentali.
Quando nascono le storie incrociate dei genovesi a Gibilterra e dell’hockey sotto la Rocca? Bisogna andare molto indietro e fare un giro per tutto il Mediterraneo. Nel 1528, con la cacciata dei francesi da Genova, ad opera di Andrea Doria, la Repubblica ritrova la sua indipendenza e incrementa la sua potenza economica. La famiglia Lomellini, già famosa per la sua banca, ottiene da Carlo V di Spagna l'esclusiva della pesca al corallo per l'isola africana di Tabarca. Molti genovesi partirono nel 1542 da Pegli e dai vicini paesi della riviera ligure al seguito dei Lomellini e si insediarono sulla costa tunisina, dove pescarono corallo fino al 1735. In quegli anni, diminuito il corallo, la concessione ai Lomellini era diventata meno redditizia, erano aumentati i dissidi con gli islamici e la pressione del bey di Tunisi era sempre più minacciosa sino alla conquista di Tabarca del 1741.
Allora nel 1738 una parte dei tabarchini, con a capo Agostino Tagliafico, accettò la proposta del Re Carlo Emanuele III di Savoia di colonizzare l'isola sarda di San Pietro, allora deserta, fondando Carloforte e poi Calasetta nella vicina isola di Sant’Antioco. Una parte minore dei pegliesi di Tabarca si diresse sulla costa spagnola di Alicante, fondando il villaggio di Nueva Tabarca, dove però la popolazione attuale, conservando i cognomi genovesi, è stata assorbita dalla comunità spagnola. Una parte di loro, probabilmente si diresse anche a Gibilterra, dove - sempre secondo Alberto Rosselli - un “pugno di pescatori di Pegli che tre secoli fa si lasciarono alle spalle una Superba ormai in crisi per dirigere le prue dei loro pescherecci verso le Colonne d’Ercole, verso un ignoto che evidentemente li spaventava assai meno della grama vita che facevano in patria. Nelle vene di Giobatta Stagnetto, ex-ministro dell’Industria e del Commercio di Gibilterra, scorre puro sangue genovese. «I miei avi erano, infatti, pescatori di Pegli e raggiunsero le spiagge dello Stretto tre secoli fa, come d’altra parte la maggior parte degli altri coloni liguri». Jo Bossano e Adolfo Canepa furono, addirittura, primo ministro nell’ultimo ventennio del secolo scorso”.
Comunque le cronache di Gibilterra già dal 1704 offrono le prime notizie certe e documentate sui liguri sbarcati a Gibilterra, sulla cui Rocca sventolava ancora il drappo di Castiglia. La flotta inglese la strappò agli spagnoli solo nove anni dopo, nel 1713. 
Facciamo un salto al 1948. L’anno in cui sbarca, ufficialmente, l’hockey a Gibilterra e nasce la federazione. I primi giocatori sono inglesi della Royal Fleet e delle altre truppe britanniche di stanza nella Rocca. Poi si sviluppa rapidamente e nel 1951 viene fondato il primo club “civile” Grammarians GHC. Seguono gli Eagles, i Collegians e via via gli altri team. Nel 1969 arriva la prima partecipazione in coppa campioni e nel 1978 la nazionale si presenta all’Europeo di Hannover, sino all’edizione del 2013, dove Gibilterra giunge 5^ al Championship III a Losanna.

Stagnetto, come l’ex ministro, e Stagno, come l’arbitro di hockey, sono cognomi tipici del ponente genovese, nel XVI secolo feudo dei Lomellini. Proprio Nathan Stagno, con la sua partecipazione alle Olimpiadi di Londra 2012, al Mondiale dell’Aja 2014 e al Champions Trophy in Nuova Zelanda, oggi è la principale gloria sportiva di Gibilterra.
Nathan Stagno capisce l’italiano, non parla genovese - come più nessuno a Gibilterra - ma “ü zeneize” era parlato ancora da alcuni vecchi fino agli anni Settanta del Novecento a La Caleta, un villaggio vicino a Catalan Bay nella parte nord-orientale del promontorio di Gibilterra.

Ancora oggi la popolazione di Gibilterra con cognomi liguri, ed italiani, raggiunge il 20%. Anche perché nella seconda metà dell'Ottocento si radicarono a Gibilterra anche alcuni siciliani, ma il grosso della comunità italiana di Gibilterra rimase ligure.

martedì 29 luglio 2014

ITALIA. NON M’INCHINO PIÙ. PATRIA RIALZATI


Ancora una processione shock. Questa volta la statua della madonna si è inchinata davanti al covo di un padrino di mafia, tra i vicoli del quartiere Ballarò, a Palermo. Fatto ancora più inquietante il covo del capomafia Alessandro D’Ambrogio, uno dei nuovi capi carismatici di Cosa nostra palermitana ora in carcere a Novara, è un’agenzia di pompe funebri. Dopo i casi registrati in Calabria ed in Campania, arriva anche la Sicilia.
Ma l’inchino più famoso è quello di Schettino, con la nave Concordia, di fronte all'isola del Giglio. Episodi che in apparenza non hanno nulla in comune. Invece oltre il nome della pratica, l’inchino appunto, hanno in comune i morti provocati. Trentatré al Giglio, le migliaia dal dopoguerra in poi dallo strapotere di Mafia, Camorra, Ndrangheta, Sacra corona unita. Non solo al Sud. A questo strapotere s’inchina non solo lo Stato, che spesso è correo con le sue istituzioni locali e decentrate, ma anche la madonna. Meglio il simulacro profano della madonna che in queste processioni perde ogni significato religioso.
L’inchino di Schettino ha provocato, milioni di euro di danno, a Costa crociere – in parte risarciti dalle assicurazioni – allo Stato che dovrà ripristinare l’ambiente marino preesistente al Giglio, all'economia turistica con il crollo nel 2011 e 2012 del mercato croceristico. La criminalità organizzata sottrae ogni anno all'economia italiana, non solo dignità, reputazione internazionale, immagine. Ruba soprattutto miliardi di euro dalle tasche degli italiani onesti chiamati a versare un surplus di tasse. Che li porta ad essere, con il 53% di imposizione fiscale, i contribuenti più tartassati al mondo.
I cittadini sono costretti ad inchinarsi ad una politica incapace di risolvere i problemi. Che si nasconde dietro finte riforme. Quella del senato, delle province, del titolo V (chi di voi sa cos'è il titolo V?). Cazzo gliene frega all'Europa, ai mercati, ai nostri creditori se il senato è elettivo o no, se ci sono le province o le regioni o se il titolo V della costituzione prevede che di turismo o agricoltura se ne occupi il parlamento o i consigli regionali.
Che fare? Cominciamo fare e a chiedere a tutti lo scontrino fiscale. Denunciamo non il vicino se fa rumore, ma chi scarica il frigorifero di notte per strada. Rispettiamo gli insegnanti dei nostri figli, ma i docenti si aggiornino a rinuncino al privilegio di 100 giorni di “ferie” all'anno. Finiamola di sporcare le nostre strade, di lasciare l’auto in terza fila, di pietire raccomandazioni per ogni cosa.

Chiediamo una riforma seria della giustizia che accorci i tempi dei processi e garantisca la certezza della pena. Paghiamo le tasse ma pretendiamo una riduzione a poche imposte: sul reddito delle famiglie, sulle imprese, sui guadagni da capitale. Tutto chiaro semplice e trasparente. Quanti giorni ci vogliono per cambiare i nostri comportamenti e per varare due riforme (giustizia e fiscale) come queste? Poche settimane. La patria si potrà rialzare e non ci inchineremo mai più né ad Angela Merkel né ai liberatori alleati.

domenica 27 luglio 2014

CONCORDIA. DISCORDIA FRA I CURIOSI SUL MIGLIOR “BELVEDERE”



La Concordia è ancora fuori dal VTE, il Voltri Terminal Europa ultima propaggine occidentale del porto di Genova, ma sono scattati i primi divieti e la curiosità dei voyeur dei disastri. “Sino al 19 dicembre l’intero specchio acqueo del bacino del porto di Voltri è interdetto alla navigazione, ancoraggio e sosta delle unità da diporto e pesca”. Lo prescrive l’ordinanza numero 248 del 25 luglio della capitaneria di posto genovese. Proibita anche la pesca subacquea e previsti severi controlli a limitazioni anche per le imbarcazioni impegnate nell'operazione di ship recycling della Concordia.
Intanto dalle prime ora di domenica una piccola folla di curiosi, armata di teleobiettivi, seggiolini e "sleppe" di focaccia, si è insediata sulle alture fra Pagli e Pra per osservare le operazioni di ingresso e soprattutto di attracco, che avverranno nel pomeriggio. Per altri il posto prediletto sono le alture di Crevari, più ad ovest, che sono in linea con l’ingresso occidentale del VTE. Da dove fra poche ore sarà possibile vedere l’ingresso nel canale 


mercoledì 23 luglio 2014

CONFERENZA STAMPA. ULTIMO ATTO DI DI MAURO, ORA C’È SOLO IL COMMISSARIO


L’ultima domanda è per Roberto Fabbricini. Il Coni ha commissariato la FIH perché Luca Di Mauro si è dimesso o perché la commissione d’indagine ha riscontrato irregolarità?
“Devo precisare, rispetto a quello sin qui detto, che non a tutte le obiezioni mosse alla gestione Di Mauro è stata data risposta puntale e quelle date non hanno fatto da contraltare ai rilievi. Le dimissioni hanno aiutato il processo”.
Questo il passaggio saliente della conferenza stampa che si è tenuta a fine mattinata al Coni.
In precedenza il presidente Malagò aveva sottolineato il suo compito “di salvaguardare lo sport, in questo caso l’hockey. Il commissariamento è stata la procedura prescelta. Le dimissioni hanno favorito questo percorso”.
Resa con l’onore delle armi. Molto fair play. Però alle dimissioni di Abete dalla presidenza della FIGC non è seguito il commissariamento anche se Malagò lo aveva adombrato. Il commissariamento è un istituto governato dalla legge dello stato e non avviene su richiesta, ma su disposizione dell’ente sovraordinato. In questo caso il Coni. Che nell’affaire hockey non ha ricevuto smentite adeguate ai rilievi mossi dalla commissione d’indagine.
Fra l’altro come sia stato possibile a 34 società, tutte siciliane, giocare i campionati e ricevere i voti che hanno determinato l’elezione del consiglio commissariato, senza neppure un tesserato. O ancora: a 5 società giocare, con un numero di tesserati inferiore al minimo per scendere in campo. E avanti: le società valdostane con tesserati, peraltro un pugno, tutti catanesi. Poi i documenti con date successive al loro accadimento, come nel caso dell’incorporazione CUS-HC-HC Catania. Che ha permesso a Di Mauro di rimanere in sella, alla faccia dello statuto per altri 22 mesi.
Allora, per bon ton, facciamo finta di credere che le dimissioni abbiano favorito il commissariamento. La verità è che messa in questo modo hanno precluso a Di Mauro il ricorso al TAR Lazio. Insomma, lo hanno accompagnato, con fair play, alla porta senza che potesse fare più danni.
Luca Di Mauro, seguito in sala da tutto il suo ex consiglio, ha detto di essersi dimesso “per la trasparenza” e di “voler dare la parola agli hockeisti”. Su queste dichiarazioni degna del miglior La Palisse non si può che essere d’accordo.

Anche il commissario Matteoli è intervenuto per annunciare che da oggi sarà in federazione per cominciare il lavoro. Un lavoro quanto mai necessario. 

domenica 13 luglio 2014

LINGUAGGIO. LAURA BOLDRINI IMITA MUSSOLINI. IN PEGGIO

Come tutti quelli che non hanno niente da fare, Laura Boldrini presidente della Camera, ha intrapreso un'altra - peraltro un po' vecchia - battaglia inutile. Il linguaggio maschilista dei media, che poi è lo stesso usato dai correttori automatici e in tutte le scuole della repubblica.
 “Nessuno – argomenta Boldrini – chiamerebbe maestra un uomo solo perché tra gli insegnanti elementari le donne sono la quasi totalità". E brava la maestrina dalla penna rossa. Che bacchetta in blu i giornalisti maschilisti e cattivi. De Amicis cosa ne direbbe? Lo scoprirete alla fine del pezzo.
Ovvio che presidente va bene sia al maschile che al femminile, perché alla radice è un participio presente: la o il presidente, proprio come diciamo la insegnante, la preside. Si può andare anche più in là, con la giudice e la vigile. E’ un enigma: esistenziale prima che grammaticale, sociale prima che “di genere”per quale ragione professoressa, dottoressa e studentessa hanno avuto, accesso al linguaggio comune e invece ministro, prefetto o sindaco no. Ragioniera si, procuratora no. Forse perché l'uso vale più dell'imposizione politica? Ne sa qualcosa il "voi" di mussoliniana memoria. Ma si sa, ai nuovi fascisti piacciono le cose brutte del vecchio fascismo come l'uso spropositato delle maiuscole. Vero Signora Presidente della Camera dei Deputati? Io opto per il più democratico: signora presidente della camera dei deputati.
Vabbè cara Laura. Scemenza per scemenza. D'ora in poi la sentinella, che è quasi sempre maschio, la (o lo?) chiameremo sentinello, come il guardio giurato, il guido alpino, il recluto, il geometro (se di sesso maschile) .... e a proposito bisogna informare quel maschilista (scusa maschilisto!) reazionario (non era socialista?) di De Amicis di riscrivere la sua toccante storia sul piccolo vedetto lombardo.
Se dev'essere parità di genere lo sia sino alla fine.
Cioè: se dev' essere parità/ò di genere/o (qui mi scatta la confusione!) lo sia sino alla fine/o

giovedì 10 luglio 2014

PROVINCE. GENOVA IN GUERRA. GAVETTA PER I DIPENDENTI IN TRINCEA


 A Genova la provincia dichiara guerra ai buoni pasto e costringe i suoi dipendenti ad armarsi di gavetta come in trincea. In un anno il valore settimanale dei ticket è passato da 40 euro (per quattro rientri pomeridiani) a 10,32 euro (per 2 rientri). Con un taglio di 360 euro sul reddito annuo. Intanto chiude le scuole al sabato, con ripercussioni sugli orari e le famiglie, per risparmiare una manciata di milioni. 
Altre province, anche al centro nord, come Biella e Pesaro hanno dichiarato il dissesto. A Grosseto mancano i soldi per il gasolio delle auto della polizia provinciale e dei mezzi della manutenzione stradale, altre non assicurano più, Campobasso e Chieti, lo sgombero neve. Vercelli vende la prefettura. Potenza minaccia di non riaprire le scuole e di abbandonare la manutenzione delle strade.
Invece la Toscana ha previsto, prima regione in Italia, un accordo salvareddito per i 4.500 dipendenti delle sue 10 province che non solo esclude tagli occupazionali, ma che preserva anzianità e livello retributivo, al peggio trasferimenti ad altri enti. Ecco, avanti così in ordine sparso in nome di un federalismo che sa più di giungla amministrativa che di autonoma.
Però le province sono tutte al loro posto. Agonizzanti, ma tutte lì. Senza sapere cosa dovranno fare, costano pure più di prima perché la spesa corrente fluisce senza neppure essere giustificata dai servizi che prima erano resi ed ora sono erogati con il contagocce o addirittura sospesi. L’unione province calcola un taglio medio del 30% dei servizi per il 2014.
I disastri di Monti e Letta amplificati dalla riforma, che cambia poco o nulla, di Renzi sono sotto gli occhi dei dipendenti, degli addetti ai lavori, ma sconosciuti all'opinione pubblica. Doveva essere operativa l’8 aprile. Renzi ha chiesto altri 100 giorni per i decreti attuativi. Diventeranno 1000 come per le riforme? Intanto le casse sono sempre più vuote. I trasferimenti dello stato sono quasi azzerati e l’entrata più forte, la tassa provinciale sulla compravendita delle auto, è in calo vertiginoso da anni per il crollo del mercato.


mercoledì 9 luglio 2014

HOCKEY. LO SPORT DEI RE PIÙ SCONOSCIUTO AL MONDO



Anna Moffo, regina della lirica rivale di Maria Callas, Federica Sciarelli, principessa del talk-show Chi l’ha visto?, Caroline Kennedy, figlia del presidente JFK, Silvia Costa, attrice e poi eurodeputato, Lynette Durand, mamma di Roger Federer signore del tennis, Brooklyn Beckam, figlio del re del pallone David, cosa hanno o avevano in comune? Giocare ad hockey.
Non su ghiaccio, su pista, con i pattini o, a cavallo, quello si chiama polo, ma a hockey, quello vero. Quello su prato e da ormai molti anni sull'erba sintetica. Però la testimonial, oggi, più famosa dell’hockey mondiale è la futura regina d’Inghilterra Kate Middleton: duchessa di Cambridge, madrina della nazionale inglese e omonima – nel cognome – di Barry Middleton uno dei più forti giocatori britannici. Che è stata capitana della squadra del suo college.
Subito dopo Kate, della famiglia reale più famosa al mondo arriva Luis, della famiglia Van Gaal. Louis, attuale CT dell’Olanda, in attesa di succedere sulla panchina del Manchester Utd a sir Ferguson, non a caso ha voluto nel suo staff due ex internazionali oranje di hockey Max Reckers e Marc Lammers. Inoltre è lo zio di due giocatori di hockey. È lui oggi il profeta del calcio totale che ha appreso e continua ad apprendere le su meraviglie dai segreti dell’hockey.
Perché l’hockey in Olanda, come in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Argentina, più che in India o Pakistan è sì sport popolare, ma soprattutto è giocato nelle scuole, nei college, nelle università, nei club. Non troppo esclusivi ma in alcuni casi, come il Real Club de Polo di Barcelona, hanno come socio con la tessera numero 1 sua maestà.



ENERGIA. SPEGNI IL LED. RISPARMI E SALVI LA TERRA



Sono più di 14 miliardi al mondo i dispositivi attivi connessi in rete. Smartphone, tablet, decoder, modem, Pc, laptop console e altri ancora. Che ogni giorno tutti noi usiamo o comunque lasciamo accessi e connessi a una rete wireless o ad internet. Per alcuni, come i sistemi di allarme, un’esigenza necessaria. Per altri solo una cattiva abitudine.
In Europa, il consumo medio degli apparecchi in standby è di circa 305 kWh per abitazione ogni anno, l’equivalente dell’11% del consumo complessivo di elettricità di una casa. Nel 2013, secondo uno studio dell'International Energy Agency (IEA) i nostri apparecchi connessi in rete hanno consumato 616 terawattore (TWh), soprattutto per l'attivazione della modalità standby con accesso a internet costante. Piccoli accorgimenti da parte nostra consentirebbero di risparmiare 600 TWh annui. Come dire la chiusura di 200 centrali elettriche a carbone, con il risparmio di 600 milioni di tonnellate di CO2. Questi sprechi di elettricità, nel mondo, sono costati 58,8 miliardi di euro. Entro il 2020, se non cambieremo il nostro approccio, spegnendo i device quando non li usiamo, il costo degli sprechi e dell'inefficienza energetica potrebbe superare gli 88,2 miliardi di euro ogni anno. Ed entro il 2030 i consumi deriveranno per il 15% dallo standby
Nel Rapporto 2014 "More Data, Less Energy: Making Network Standby More Efficient in Billions of Connected Devices", l’IEA mette in guardia dall'uso sbagliato dei dispositivi di comunicazione elettronica. Il problema, secondo l'IEA, non sono tanto i grandi data center, comunque apparati super energivori, ma i miliardi di piccoli hardware, che quasi sempre lasciamo connessi in network standby.
Un panorama preoccupante, che tra qualche anno potrebbe rivelarsi una vera criticità per il pianeta. L’inurbamento cresce rapidamente e, con l'aumento di offerta di servizi in rete e app da scaricare, la domanda di energia elettrica sarà sempre maggiore. La società connessa, il Connected Continent come l’ha definita il vice presidente uscente della Commissione europea e commissario Ue per l'Agenda digitale Neelie Kroes, è “un percorso obbligato e un'opportunità di crescita economica e culturale che vale 20 miliardi”, ma necessita di accorgimenti importanti, tra cui la lotta agli sprechi, la riduzione dei consumi e l'efficienza energetica.
I cittadini delle future smart city devono da subito adottare comportamenti più sostenibili a livello economico e ambientale. Anche con piccoli gesti quotidiani come spegnere un led.
Ad esempio:
- staccare la spina degli apparecchi che non usi frequentemente;
- usare multiprese con interruttore così è possibile spegnere tutto;

- installare una multipresa auto power off plug che sgancia automaticamente tutti i tuoi device;
- acquistare prodotti con uno standby ridotto. 

lunedì 7 luglio 2014

GIORNALISMO. GLI AMERICANI CI CREDONO SEMPRE MENO

La fiducia degli americani verso i mass media è in calo. Lo dice un sondaggio Gallup. I cittadini Usa si fidano sempre meno anche del web, che dal 1999 ad oggi è sceso dal 21 al 18%. Nel ventennio 1993/2014 i giornali passano dal 30 al 19% di quest'anno – ed erano al 51% nel 1979 - mentre la TV dimezza la sua credibilità dal 36 al 18%.

La ricerca fotografa l’inesorabile diminuzione del numero di americani che ripongono fiducia nei media classici e registra l’ulteriore calo di stima nel web. Ci sono differenze sostanziali fra conservatori, moderati e liberal, le tre categorie politiche prese in esame da Gallup. I conservatori, nel periodo 2004/2014, passano dal 23 al 15% nella fiducia concessa ai giornali, dal 30 al 19% in quella verso la tv; sembra persino alta la percentuale del 17% dei conservatori che si affidano al web per le notizie. Fra i moderati, la fiducia passa dal 32 al 24% per i giornali, dal 27 a un discreto 21% per la tv e ad un simile 22% per le rete. I progressisti, nell'ordine, dal 44% al 34 per i giornali, dal 37% ad un disastroso 15, per la tv e ad un comprensibile 22% per il web, visto il loro carattere innovativo.
L’implosione dei canali tradizionali, televisione e carta stampata è confermata dallo studio dell'Annenberg Center for Digital Future, della Southern California University, che stima in cinque anni il termine per l’esistenza della maggior parte dei giornali su carta.

In assoluta controtendenza le dichiarazioni rilasciate ad Alain Elkann per La Stampa di Torino dal direttore dell’Economist John Micklethwait: “Facciamo 60 milioni di sterline l'anno perché vendiamo bene. Quando sono diventato direttore ero convinto che internet fosse come un uragano e che avrebbe spazzato via le riviste. Mi sbagliavo. La gente voleva un filtro, le vendite dell'edizione cartacea sono aumentate. In America oggi i lettori su iPad e Kindle sono più o meno tanti quanti quelli che preferiscono la carta. I giovani, gli studenti, preferiscono la carta stampata”.

sabato 5 luglio 2014

WEB. LE MAJOR DI INTERNET FRA MEA CULPA E MINACCE


Facebook chiede scusa per l'esperimento di manipolazione delle emozioni, condotto nel 2012 su 700 mila utenti a loro insaputa. "Lo studio è stato comunicato male – ha detto Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook - Il progetto rientrava in una più ampia ricerca che le aziende fanno per testare diversi prodotti, e la comunicazione è stata scarsa. Per questo chiediamo scusa. Non era nostra intenzione turbare nessuno". Però, nel merito, il social network ritiene di non aver violato alcun vincolo di privacy nei confronti degli utenti. Non è di questo avviso l'Information Commisioner's Office (ICO), l'autorità nazionale garante della privacy e della data protection nel Regno Unito. Che per verificare se ci sia stata violazione dei dati personali ha avviato un’indagine. Il garante inglese è in contatto anche con l'organismo di protezione dati in Irlanda, visto che la sede europea di Facebook si trova a Dublino.
L'esperimento di Facebook era durato una settimana con l'obiettivo di verificare se la modifica, tramite un algoritmo automatico, del flusso di contributi positivi o negativi sulle bacheche personali degli utenti cambiasse anche i commenti personali e i post pubblicati. 
Meno conciliante nei toni You Tube. Anch’esso sotto il mirino delle autorità di garanzia.
Infatti è guerra aperta fra l’industria discografica e YouTube che si appresta a lanciare un servizio di musica in streaming a pagamento, in concorrenza a Spotifye e Deezer, ma a differenza dei rivali avrebbe proposto condizioni economiche non negoziabili e decisamente più svantaggiose per le case discografiche.
L'associazione IMPALA, che riunisce circa quattromila etichette indipendenti, ha chiesto l'intervento dell'antitrust europeo perché ritiene violate le norme comunitarie sulla concorrenza. Il commissario Joaquín Almunia, attualmente in proroga, paventa un'indagine se YouTube abusasse della sua posizione dominante nel mercato della musica online.
La prospettiva dell'apertura di una nuova indagine da parte dell'antitrust europeo ha spinto YouTube a concedere più tempo alle etichette indipendenti che rifiutano di firmare in bianco il contratto proposto dalla piattaforma di video-sharing di proprietà di Google. La minaccia è di eliminare dalle sue pagine i video degli artisti delle case discografiche che rifiutano il diktat. Fra questi anche star del calibro di Adele, Jack White e Franz Ferdinand o gruppi come i Arctic Monkeys
Caso chiuso? Assolutamente no. Secondo il Financial Times, YouTube applicherà la minaccia di bloccare i video se non si arriverà ad un accordo. YouTube afferma che solo il 10% delle etichette indipendenti non ha accettato i nuovi termini contrattuali e sottolinea come la sua offerta sia "equa e coerente coi prezzi dell'industria".
Il nuovo servizio a pagamento, che dovrebbe chiamarsi Music Pass propone condizioni economiche inferiori di un terzo rispetto a quelle praticate oggi. Una remunerazione pari al 45% contro il 65-70% del prezzo al dettaglio (al lordo delle tasse e dei diritti d'autore) offerto da Deezer o Spotify.

You Tube replica che da quando è stato acquisito da Google (nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari), ha versato più di 1 miliardo di dollari nelle casse dell'industria musicale attraverso accordi di licenza che permettono ai detentori dei diritti d'autore di percepire una quota dei ricavi pubblicitari.

venerdì 4 luglio 2014

OCCUPAZIONE. UN NUOVO MESTIERE PILOTA DI DRONI



I pizza boys del futuro lasceranno il motorino a casa e dovranno armarsi di joystick professionale. Il futuro è dietro il cartone della Quattro stagioni e apre scenari nuovi per i piloti di droni.
Infatti l’ENAC, l’ente nazionale dell’aviazione civile, nel suo ultimo regolamento ha previsto che “i sistemi costituiti da un mezzo aereo a pilotaggio remoto (i droni - Ndr) senza persone a bordo, non utilizzati per fini ricreativi e sportivi, e dai relativi componenti necessari per il controllo e comando da parte di un pilota remoto” siano affidati solo a chi è in possesso di una qualifica rilasciata da una scuola riconosciuta.
Elite Consulting, società romana attraverso le sue controllate HobbyHobby Drone Innovations, con l’apporto didattico di Aerovision e dell’aeroclub Volere e Volare offre il primo corso per piloti di droni nella doppia modalità: con lezioni presso l'Aviosuperficie Arma di Nettuno (Roma), oppure on-line.
Il corso completo per ottenere il certificato di competenza dura 16 ore e costa 610 euro. Il corso per ottenere il semplice attestato di competenza dura almeno 3 ore e costa 183 euro.
Il futuro pilota di droni saprà gestire tutte le fasi di un drone multirotore, dall'acquisto alla configurazione, dalla semplice condotta in volo all'esecuzione di precise missioni operative, fino alla manutenzione.

Il programma prevede lo studio di sicurezza volo, codice della navigazione, normativa del volo, cenni di teoria del volo e cenni di meteorologia. Fra i docenti anche il generale Maurizio De Rinaldis pilota da caccia ex comandante delle frecce tricolori. Forse un po’ sottodimensionato per insegnare a consegnare pizze. Ma il brevetto consentirà ai nuovi piloti di inserirsi nei cieli inesplorati del lavoro attraverso il volo a distanza. 

mercoledì 21 maggio 2014

VACANZE. SE L’ON-LINE CI FA SPENDERE DI PIÙ…


 
Chi non ha mai prenotato una vacanza o un albergo con Expedia o Booking? Chi non ha mai dato uno sguardo ai giudizi di Tripadvisor? Davvero pochi. I motivi? Si risparmia e sono affidabili. Ovvio. Ma fanno davvero risparmiare e sono così affidabili? Dopo gli antitrust viaggi di Regno Unito, Germania e Norvegia anche l’antitrust italiano ha avviato un'istruttoria per verificare la presenza di intese restrittive della concorrenza attraverso gli accordi siglati con gli alberghi.
La segnalazione era arrivata da Federalberghi, perché Booking ed Expedia “limitano la concorrenza sul prezzo e sulle condizioni di prenotazione tra i diversi canali di vendita, ostacolando la possibilità per i consumatori di trovare sul mercato offerte più convenienti".
Le strutture devono lavorare in esclusiva con i colossi on-line, vincolate secondo l’antitrust: “a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online e in generale tramite qualsiasi altri canale di prenotazione siti web e alberghi compresi".
Le clausole imposte agli alberghi rendono difficile l'ingresso di nuovi concorrenti sul mercato, danneggiando in primo luogo i consumatori. L'istruttoria durerà più di un anno e si concluderà entro il 30 luglio 2015. Le due aziende rischiano una sanzione fino al 10% del fatturato. 
I guai per Tripadvisor arrivano dalle segnalazioni dell'Unione Nazionale Consumatori e l'Authority guidata da Giovanni Pitruzzella ha deciso di avviare un procedimento per pratica commerciale scorretta. La verificare è sulle misure per prevenire e limitare le false recensioni 
"Non solo - spiega Dona dell’UNC - anche Tripadvisor avrebbe tutto l'interesse a garantire l'attendibilità dei giudizi, pur preservando la libertà della Rete, per evitare che un'idea geniale, nata per sfruttare a pieno lo spirito di condivisone di Internet, imploda su se stessa con il sospetto di essere ispirata a logiche di interesse e magari anche da interessi anticoncorrenziali".

mercoledì 14 maggio 2014

SICILIA. DIRIGENTI INCAPACI, DIPENDENTI FANNULLONI


La Sicilia come tutta Italia non riesce a spendere i nostri soldi, che l’Europa ci torna sotto forma di fondi. Perché? Anche per carenza di personale. Come? La regione Sicilia ha poco personale, Ma non sono 18.000? Sì, ma pure maldistribuiti. A Palermo uffici di importanza strategica come i dipartimenti nei quali si programma ed attua la spesa dei fondi comunitari sono sottodimensionati. In compenso gli uffici periferici degli assessorati all’agricoltura o al lavoro, traboccano di impiegati.
Che ci fanno 1.582 addetti in 57 centri per l’impiego sparsi in tutta l’isola? Che carico di lavoro hanno? Quanti disoccupati hanno avviato al lavoro in una regione con 27% delle famiglie alle prese con disoccupazione e gravissime difficoltà lavorative?
I CpI in Sicilia sono più numerosi d’Italia. La Lombardia ne ha 54 con il doppio di abitanti ed una struttura economica incomparabilmente più solida e articolata. Il numero degli addetti nei CpI siciliani è però quasi triplo rispetto a quelli delle Regioni Lombardia (577) e Lazio (602). Più che doppio rispetto alla Campania (724).
Perché non destinare una parte dei 1.600 impiegati dei CpI ad attività più strategiche? Senza licenziare, senza penalizzare ma razionalizzando i servizi e valorizzando le persone.
Tuta colpa della politica e dei dirigenti? Leggete anche questa. Dei 18.000 dipendenti regionali, nessuno ha risposto all’appello dell’assessorato alla formazione, che cercava esperti social media, blogger grafici, coordinatori per attuare strategie comunicazionali. Il censimento interno si è rivelato un flop clamoroso perché non prevedeva alcun compenso aggiuntivo allo stipendio.
Piuttosto che lavorare hanno preferito rimanere a fare i finti bidelli, i finti uscieri, i finti forestali, i finti becchini, i finti e basta. Nessuno ha voluto lavorare meglio, nell’ambito dell’orario di lavoro, con un’attività più vicina ai loro interessi. A meno che non siano tutti analfabeti digitali. Allora perché mantenerli con i soldi pubblici? Tornino a scuola a studiare, e si paghino pure i corsi.

GIORNALI. ARTICOLI BREVI O SARANNO CESTINATI


Volete vedere pubblicata una vostra notizia su un quotidiano? Prima regole scrivere solo il necessario. Cioè molto poco. Ridurre al massimo le parole inutili, avverbi, aggettivi etc. I giornali sono in crisi, non hanno il personale sufficiente per i "taglia e cuci". I pezzi troppo lunghi sono cestinati senza neppure essere letti. Anche e l'Associated press, la più grande agenzia di stampa del mondo raccomanda ai suoi reporter: articoli più brevi.
L’AP ha posto un limite tra 300 e 500 parole per notizia. Uniche eccezioni, due top news per ogni stato americano, che possono arrivare a 700 parole come le storie internazionali più importanti della giornata.
"Dobbiamo essere disciplinati - spiega il direttore Kathleen Carroll - molti abbonati AP (15.000 giornali, siti web, radio e tv nel mondo) non hanno più giornalisti sufficienti a tagliare i dispacci per impaginarli su giornali con meno pagine. Per i lettori, che ricevono su telefonini e tablet, i lunghi articoli sono diventati di difficile digestione”.
Questa news è di 170 parole. 900 caratteri. Mezza cartella.


 
 
 

lunedì 12 maggio 2014

ICT. I GIOVANI USA GETTANO LA SPUGNA PER LA TV E MANDANO KO ANCHE LA RADIO


I millennial americani (i giovani nati fra gli anni '80 e i primi del nuovo millennio) sembrano aver abbandonato i media tradizionali sin da quando imparavano a leggere. È il risultato di un'analisi congiunta effettuata da una piattaforma di social influence marketing, Crowdtap, che opera sul web e dalla società di ricerche Ipsos. Lo racconta Max Knoublach su Mashable.com. Quelle generazione, dai 12 ai 34 anni, ritengono più affidabili i contenuti non professionali rispetto a quelli prodotti dai professionisti dell'informazione.
I cosiddetti UGC, i contenuti generati prodotti dagli utenti, includono aggiornamenti di stato, blog, recensioni di ristoranti, ecc., qualsiasi contenuto fatto da non professionisti, senza alcuna reale motivazione che non sia quella di aggiungere un parere al mare di opinioni già esistenti. “La logica - osserva Max Knoublach - ci dice che non sarebbe il tipo di contenuto di cui ci dovremmo fidare di più rispetto all'intervento di un professionista”.
Al contrario, lo studio rivela che fra i millennial in generale la fiducia nei primi è il 50% superiore a quella nei secondi. Se poi per quanto riguarda le recensioni i giovani giudicano alla pari UGC e contenuti professionali, si affidano per il 20% in più ai primi quando si tratta di fare un acquisto e li ricordano per il 35% in più rispetto ai media tradizionali.

Fra i media tradizionali, la carta stampata con il 44% è ritenuta più affidabile, rispetto a radio 37% e tv 34%. Vicino ai social network 50%, ma lontana dal 74% riconosciuto alla conversazioni con gli amici. I millennial americani si affidano alle UGC più per gli acquisti elettronici (59%) che non per programmare una vacanza (40%)
 

mercoledì 23 aprile 2014

GIORNALISMO. USA: SEMPRE PIÙ FAI DATE & LA CARTA GETTA LA SPUGNA


Uno studio mette in luce che un utente su dieci dei social media è un citizen journalist e posta video e storie autoprodotte. Un trend, quello dei video autoprodotti, che cresce di pari passo con l'adozione degli smartphone, che consentono di registrare gli avvenimenti in diretta. È quanto emerge dall'undicesima edizione del report "State of the New Media" condotto dal Pew Research Center, secondo cui in questo scenario c'è "l'opportunità per raggiungere con le news una fetta sempre maggiore di persone".
La metà degli utenti dei social condivide o rilancia le news, mentre il 46% discute le storie che trova sui social stessi. Le news rappresentano, quindi, una parte importante della crescita di social media e settore mobile.
Però, è altrettanto vero che la maggior parte degli utenti dei social non cerca notizie. Appena il 16% degli utenti di Facebook, secondo Pew, cerca notizie sul social network. Chi naviga sui social network lo fa in primo luogo per vedere cosa fanno amici e parenti e si imbatte per caso nelle notizie e nelle storie che gli interessano.
Sul fronte pubblicitario, nel 2013, la spesa in pubblicità digitale è cresciuta del 16%. Un buon risultato per il settore dei media e dell'editoria on-line. Già nel 2012 Google, da sola, aveva superato l’intero fatturato di tutta la carta stampata americana. Che è regredita ai livelli di incasso pubblicitario dei primi anni ’50 del XX secolo.

 

GIORNALISMO. QUANT’È BRAVO QUEL REPORTER! È UN ROBOT


Il Los Angeles Times non è nuovo ai primati. Nel 1962 fu il primo quotidiano al mondo a sostituire la composizione a piombo degli articoli con la fotocomposizione. Adesso è il primo a firmare un pezzo con le credenziali del software che l'ha scritto.
Sì, perché è sempre più diffuso l'utilizzo di robot e algoritmi di scrittura per la stesura automatica di articoli da parte dei giornali online. Il Los Angeles Times, pochi minuti dopo una scossa di terremoto in California, ha pubblicato la breve news dell'evento.  
Il “cronista” che ha pescato la notizia online e i dettagli nella posta del giornale è stato QuakeBot, un algoritmo specializzato in raccolta e rielaborazione di informazioni grezze relative a movimenti tellurici. E QuakeBot non è l'unico reporter-robot utilizzato dal Los Angeles Times.
Negli USA, la scrittura di news da parte di robot si diffonde a macchia d’olio. Ad esempio, Forbes utilizza un'azienda di Chicago che si chiama Narrative Science per comunicare i suoi dati di bilancio. Da gennaio, ancora Forbes ha siglato un accordo con ProPublica per la scrittura di news sull'istruzione.
Al momento, gli algoritmi di scrittura e i robot sono utilizzati per lo più per stilare brevi news, lasciano il compito di ampliare la narrazione più complessa ai giornalisti in carne ed ossa. Per ora, i robot non sono ancora in grado di scrivere pezzi articolati di molte cartelle per riviste specializzate. Ma, per l'alta percentuale di informazioni numeriche e statistiche che formano i pezzi di sport, gli articoli sportivi scritti da un bot sono difficilmente distinguibili da quelli scritti da un reporter vivo e vegeto. E le cose cambieranno rapidamente. Il futuro prevede funzioni interessanti per i robot-reporter nel settore dell'editing e della sua automazione. 

 

giovedì 10 aprile 2014

ECOMOMIA. L’EUROPA DEL CALCIO DA CARTELLINO ROSSO ALL’EURO


Un anno fa Angel Merkel sfruttava la passarella della finale Bayern-Borussia per dimostrare all’Europa la strapotenza del modello eurotedesco. Meno di 12 mesi dopo, i no euro del calcio si prendono una clamorosa rivincita piazzando 7 semifinaliste su 8 nelle coppe europee.
Il calcio è uno specchio e anche un termometro della realtà sociale, civile e economica. La bistrattata Spagna porta le due madrilene, l’andalusa Siviglia e il Valencia – capitale delle crisi spagnola – nell’olimpo calcistico, lasciando a casa il Barcellona orgoglio della Catalogna più europeista.
Sul o sotto il 45 parallelo, che segna il confine fra il nord e il sud del nostro emisfero, ci sono pure Juventus e Benfica. La Juve è la squadra della FIAT, oggi FCA. La società che ha scelto il dollaro come moneta di rilancio e la sterlina come valuta di riferimento portando la sua sede legale a Londra (e in Olanda). Il Benfica ha come presidente Luís Filipe Vieira, un imprenditore con interessi cosmopoliti che mal sopporta l’euro come valuta per i suoi affari.
Il Manchester United è come la regina e la sterlina uno dei simboli dell’orgoglio britannico. In una nazione che ha dimostrato come la crisi si possa battere anche senza essere legati alla BCE, alle politiche deflattive e repressive di Bruxelles, Stasburgo, Francoforte e Berlino
Solo il Bayern, che significa Baviera ovvero il ventre molle della Germania, rappresenta la zona euro. Tutte le altre federazioni, Olanda, Danimarca, Finlandia, Austria, Francia, Belgio e così via dell’Europa rigorista sono fuori. Un bel cartellino rosso. Le economie del calcio. Molto più complesse, spesso, di altre aziende produttive o del terziario hanno dimostrato che anche l’Europa del sud, l’Europa senza euro, l’Europa delle ricette alternative alla Merkel sa essere vincente.
Questa volta il calcio di rigore si batte sotto il 45 parallelo, parla latino e non ama l’euro

sabato 5 aprile 2014

GIORNALISTI. PRIMA BISOGNA FARE PIAZZA PULITA IN CASA




C’è un giornale nel Lazio che in pochi anni ha sfornato 560 pubblicisti. Questo non è il suo unico record. Per esempio ha goduto di 10.254.825 euro -sì, più di dieci milioni – in sei anni, tra il 2006 e il 2011 di contributi pubblici
Sui soldi ci torneremo. Il problema è il pubblicistificio. La fabbrica dei pubblicisti. I giornalisti sanno di cosa parlo. Per gli altri, ecco cosa significa. L’ordine dei giornalisti prevede due elenchi principiali: i professionisti, cioè i giornalisti che lo fanno di mestiere, quelli veri per banalizzare, e i pubblicisti che dovrebbero essere collaboratori esterni esperti in qualcosa che di volta in volta scrivono sul loro tema specifico. Per convenienza degli ordini regionali, fare cassa con le quote, e dei direttori dei giornali e giornaletti: trovare manovalanza a basso costo. 
I pubblicisti dal 1963, quando è nato l’ordine sono aumentati a dismisura. Ogni 1.000 pubblicisti in più, in una regione, scatta anche un consigliere nazionale aggiuntivo nel parlamentino dei giornalisti. Ora è in ballo la riforma delle legge del 1963. Il Corriere del Lazio ha contribuito a più di mezzo consigliere della "romana". Tanto per fare un paragone quanti ne valgono 250 giornalisti del Corriere della Sera, del Giorno e del Giornale messi insieme! Guarda caso l’editore-ex direttore marito dall’attuale direttore e padre di tre coadiuvanti dell’azienda di famiglia è stato consigliere nazionale dell’ordine dei giornalisti.
Questi signori sono chiamati ad esprimere un parere sulla riforma della professione giornalistica? Sì, proprio questi. Ci rendiamo conto del discredito che gettano sulla categoria? 
La magistratura, su denuncia del presidente dell’ordine del Lazio, che finalmente ha deciso di cambiare registro e di denunciare queste prassi, indaga ora sui 10.254.825 euro di soldi pubblici incassati dalla cooperativa Edilazio ‘92. Che in quanto vestita da coop è stata ammesso a godere delle laute provvidenze a carico dei contribuenti previste dalle leggi per l’editoria.
Corbi era stato sospeso per un anno dall’albo in seguito a un provvedimento disciplinare avviato dal predecessore di Paola Spadari, Bruno Tucci, decano del Corriere della Sera. Decisione confermata in secondo grado. Con una sanzione che sarebbe stata ancora più pesante, si dice nelle carte, se non esistesse la regola per cui le sentenze dei ricorsi contro i provvedimenti disciplinari dell’ordine dei giornalisti non possono risultare peggiorative.
Il fatto grave è che i 560 scrivevano gratis le cronache degli avvenimenti sportivi locali nel Lazio con il solo miraggio di ricevere la falsa attestazione per diventare pubblicisti. Tesi fatta propria dal consiglio di disciplina dell’ordine.
 
 

venerdì 4 aprile 2014

SALUTE. QUANDO LA STANCHEZZA DIVENTA UNA MALATTIA


Ti senti esaurito e affaticato? La stanchezza ti rende difficile persino vestirti, fare la doccia o mangiare? Il sonno non ti riposa? La spossatezza aumenta non solo con l’esercizio fisico, ma al semplice pensare?
Può essere sindrome da fatica cronica. Può comparire lentamente oppure all’improvviso. Porta dolori muscolari, problemi di concentrazione o insonnia. Per essere diagnosticata come sindrome deve durare almeno sei mesi
La stanchezza cronica è un patologia diffusa, soprattutto tra le donne tra i 35 e i 40 anni, che corrono un rischio quadruplo di ammalarsi rispetto agli uomini. Una scolarità medio-bassa, basso reddito, sovrappeso sono denominatori comuni diffusi.
Secondo l’AGENAS – l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali - colpisce in media il 25% dei pazienti di un medico di medicina generale. Tra il 2001 e il 2010, i ricoveri per “sindrome da affaticamento cronico” sono stati 644: le percentuali maggiori in Basilicata con il 19,25%, Calabria 18,17% e Lazio con il 15,53%. A questi, vanno aggiunti i dati ospedalieri con indicazione “altro malessere e affaticamento”. I ricoveri tra il 2001 e il 2010 salgono così a 3.818, con particolare prevalenza in Puglia, Lombardia e Lazio. In Liguria i casi complessivi sono stati 66, 26 maschi e 40 femmine. Questo non significa che la stanchezza cronica sia meno diffusa. Solo che è stata diagnosticata in un numero di casi inferiore.
Non si sa con certezza quali siano le cause. In molti pazienti la sindrome si presenta dopo un’infezione (raffreddore, influenza intestinale, virus della mononucleosi infettiva). O dopo un periodo di forte stress. Anche la chemioterapia può causare una forte stanchezza.
Se pensate di essere affetti dalla sindrome da fatica cronica, chiedete consiglio al vostro medico. Trascurarla conduce alla depressione, all’isolamento sociale, a limitazioni nella vita quotidiana, all’aumento delle assenze dal lavoro. Diagnosticarla può essere difficile perché non esistono esami di laboratorio specifici. Molti dei sintomi della sindrome da fatica cronica sono comuni anche ad altre patologie, o sono effetti collaterali di particolari terapie. Solo la pazienza del vostro medico, una visita accurata ed esami di laboratorio la possono stanare.
Sappiate che non è una forma di depressione, ma porta a soffrirne perché ci si ritrova a convivere con una malattia cronica. Non esiste ancora una cura specifica, tuttavia si possono adottare alcuni accorgimenti: diminuire lo stress; prendere provvedimenti per affaticarsi meno, prendersi un po’ di tempo per rilassarsi, imparando, ad esempio, a dire di no. Soprattutto migliorare l’approccio al sonno. Andando a dormire e svegliarsi ogni giorno alla stessa ora. Non dormire durante la giornata, evitare e caffeina, alcol e nicotina.
Se il vostro medico vi sembra impreparato, ricorre a farmaci in modo pesante, o non considera la sindrome da fatica cronica una vera malattia, chiedete un secondo parere. Contattate una clinica specializzata o un centro di eccellenza per trovare un medico in grado di curare la sindrome da fatica cronica.

martedì 1 aprile 2014

SALUTE. COME INFORCARE IL MAL DI MARE


 
 

Gli occhiali servono a vedere meglio e a proteggere gli occhi dal sole? Sei superato. Ora, lo sanno tutti, con i Google-Glass prodotti dall’italiana Luxottica, sarà possibile avere il computer a portata di vista. Caro mio sei superato anche te.
Adesso con gli occhiali si vince anche il mal di mare. Quando sali a bordo il tuo colorito passa dall’ambrato solare al bianco cencio sbattuto? Sì? Cosa puoi fare? Inforca in paio di occhiali! Ma non i soliti. Ci vogliono i Boarding Ring, creati è dall’ottico Hubert Jeannin, con i quali si è anche aggiudicato il premio per l’accessorio nautico più interessante al Mets di Amsterdam, la fiera più prestigiosa del settore.
Sono occhiali particolari, come vedi nella foto, con una montatura sopra le righe composta da quattro ghiere circolari riempite a metà da un liquido colorato, due intorno alle due lenti frontali, e due laterali sulle stanghette. Il principio su cui si fonda questa bizzarra invenzione è che il mar di mare si basa fondamentalmente sul conflitto visivo tra l’occhio esterno che cattura l’istantanea visiva e l’orecchio interno che trasmette i riferimenti al nostro sguardo. All’opposto dell’occhio, l’orecchio interno non percepisce il movimento delle pareti, continua a sapere benissimo dove sono il su e il giù.
All’interno di una nave senza riferimenti esterni, come può essere anche un semplice oblò, la nostra vista è priva di ogni possibile orientamento e percepiamo solo il movimento. L’occhio interno invece resta ancorato – siamo su una nave, ricordalo!- alle coordinate spaziali distinguendo ancora per esempio il su e giù. Secondo Jeannin è questo cortocircuito visivo a procurarci il maledetto mal di mare. A questo punto, sempre secondo l’ottico francese premiato ad Amsterdam, basta indossare i suoi Boarding Ring per soli 8 minuti per superare il conflitto e sincronizzare la vista. Secondo le prove sin qui condotte nel 95% dei casi è stato così. Chi vuole sfidare questa statistica può cercare i modelli su boardingring.com, sia per adulto che per bambino, al prezzo di 60 euro.

sabato 29 marzo 2014

WWF. UN LAMPO DI BUIO PER ACCENDERE LA SENSIBILITÀ VERSO LA TERRA


A Roma, alle 20,30 si spegnerà la facciata e la cupola di San Pietro! A Napoli resteranno al buio il maschio angioino e piazza Plebiscito. A Bologna il palazzo comunale in piazza Maggiore. A Genova non ci saranno le illuminazioni esterne dell’Acquario. A Milano, buio pesto al castello sforzesco e al Pirellone. A Venezia niente luci a Piazza San Marco. In Sicilia le tenebre avvolgeranno la Valle dei Templi.
Un black-out nazionale? Un attentato terroristico? Ma no! È l’ottava edizione dell’Ora della Terra, che vedrà spegnersi simbolicamente le luci per un’ora in ogni angolo del pianeta. Dalle isole Samoa (hanno cominciato alle 8.30 del mattino in Italia) e dopo il giro del pianeta, sino a Tahiti, 23 ore dopo. L’Ora della Terra, che l’anno scorso ha visto partecipare oltre 2 miliardi di persone in 7.000 città e 154 Paesi del mondo, è il più potente strumento mai creato per coinvolgere il mondo intero, a tutti i livelli della società, nel cambiamento di cui la vita sul pianeta e il nostro futuro hanno bisogno.
Centinaia gli eventi e le iniziative speciali sul web e nelle migliaia di città coinvolte in tutto il mondo. Vi saranno gli spegnimenti di simboli come: l’Empire State Building, il Tower Bridge, il castello di Edimburgo, la Porta di Brandeburgo, la Torre Eiffel, il Cremlino e la Piazza Rossa, il Ponte sul Bosforo, il Burj Khalifa il grattacielo più alto del mondo.
Tutti possono aderire spegnendo per un’ora la luce a casa, in ufficio, nei musei e segnalando la propria partecipazione sul sito dell’evento www.wwf.it/oradellaterra e postando le foto sulla pagina Facebook di WWF Italia, con l’indicazione del luogo.
Il cambiamento climatico evolve molto rapidamente e gli impatti sono sempre più seri e preoccupanti. Nel frattempo le azioni dei governi a livello nazionale e globale sono troppo lente e poco incisive, non al passo con un rischio che mette a repentaglio la natura e la civiltà umana” parola di WWF. Anche senza essere catastrofisti gli effetti dell’inquinamento e dei gas serra che ammorbano l’aria delle grandi città sono sotto gli occhi di tutti.
Ognuno di noi è parte del problema e allo stesso tempo della soluzione, a partire dalla riduzione delle emissioni di gas serra nelle abitudini quotidiane, fino allo stimolo verso i governi. Perché adottino politiche energetiche a favore delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica. Ridurre le emissioni di gas serra responsabili del cambiamento climatico significa anche intervenire sui nostri consumi di energia.

venerdì 28 marzo 2014

WELFARE. UN NUOVO RACKET ATTENTA ALLA SANITÀ PUBBLICA


Un danno complessivo per il già disastrato servizio sanitario nazionale da 18,7 milioni di euro. La causa? I furti di farmaci, soprattutto negli ospedali. Sono 68 i casi apparsi sui media dal 2006 al 2013, ma 51 si sono verificati l’anno scorso. Lo dice uno studio realizzato da Transcrime, il centro inter universitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’università cattolica di Milano e dell’università di Trento. Il fenomeno si sta espandendo in modo esponenziale. Negli ultimi sette anni un ospedale italiano su dieci ha registrato un furto di farmaci, con una perdita media di 330.000 euro.
I tre autori della ricerca, Michele Riccardi, Marco Dugato e Marcello Polizzotti, hanno analizzato questo fenomeno criminale, tanto emergente quanto sconosciuto e sottostimato. Siamo ormai abituati ai furti di rame o per stare sui farmaci alla contraffazione o al cartello per tenerne alti artificiosamente i prezzi. Ma questa è una nuova botta per i cittadini, consumatori, pazienti e contribuenti 
Un fenomeno più concentrato nelle regioni con alti livelli di criminalità organizzata. La Campania e la Puglia rappresentano il 45% dei casi (con rispettivamente 17 - di cui 5 al Federico II di Napoli - e 14 furti), seguite dal Molise, dove si registrano addirittura 7 furti ogni 10 ospedali. I nosocomi più grandi, sopra gli 800 posti letto e con oltre 20 specialità, hanno registrato il maggior numero di furti. I farmaci che vanno più a ruba, sono quelli più costosi: gli antitumorali, gli immunosoppressori, gli antireumatici, i farmaci biologici.
Considerato che si tratta per la maggior parte di medicinali di classe H, interamente rimborsati dallo stato, è possibile che finiscano sul mercato illegale a livello nazionale oppure, più facilmente, all’estero. Nei paesi dell’est, che hanno un sistema sanitario più carente. Oppure in Nord Europa, dove sono più alti i margini di profitto.
L’analisi, la prima mai condotta sul fenomeno a livello europeo, fornisce l’immagine di un fenomeno criminale in rapida espansione, ma spesso ignorato. Così come sottostimati rischiano di essere i danni per pazienti, case farmaceutiche e sistema sanitario nazionale. L’alta profittabilità e i rischi relativamente bassi potrebbero convincere alcuni gruppi criminali ad abbandonare attività illecite più rischiose per dedicarsi a questo nuovo, e più lucroso, mercato illegale.
 

giovedì 27 marzo 2014

PROVINCE. LE BUGIE DI RENZO PINOCCHIO


Adesso è riordino. Domai potrebbe essere abrogazione. Le province dopo il voto del senato sono in coma. Non morte, così per ora costano come prima. E anche quando fossero cancellate, costeranno di più al contribuente.
Perché? Come hanno già spiegato tutti, dalla corte dei conti alla Bocconi, gli oltre 10,2 miliardi spesi per erogare servizi (trasporto locale, formazione professionale, viabilità, tutela ambientale, edilizia scolastica etc) saranno a carico di altre amministrazioni. Le province in questi anni sono state - dati alla mano - gli enti più risparmiosi. Dal 2010 al 2013, hanno ridotto dell’11,8% la spesa corrente, mentre comuni (+5%) e regioni (+1,14%) hanno continuato a spendere di più o lo faranno ancora. Costerà di più pure il personale.
Perché? I dipendenti sono quasi tutti a tempo indeterminato. Resteranno a carico delle future città metropolitane o passeranno ai comuni dove guadagneranno lo stesso, mentre i fortunati che andranno alle regioni costeranno al contribuente, a regime, il 22,5% in più.
Allora dove stanno i vantaggi? Solo propagandistici per il Pd di Renzi che può cavalcare la leggenda metropolitana del taglio delle province. “Avremmo un paese più semplice” ha detto il sottosegretario Del Rio. Lo dirà lui ai due terzi degli italiani, residenti fuori dalle metropoli, che per fare la stessa pratica dovranno percorrere decine di chilometri in più?
3000 politici smetteranno di ricevere una indennità dagli italiani. La volta buona”. Ha twittato Renzi, che però dimentica – come gli fanno notare il capogruppo M5S Maurizio Santangelo e il popolare Salvatore Di Maggio - l’esercito di 31.000 nuovi consiglieri e assessori comunali che ha creato con la stessa legge. L’on. Simona Bonafè, a Ballarò, ha addirittura quantificato in 600 milioni il risparmio. Fatta salva la buona fede della Bonafè, allora si tratta di ignoranza istituzionale grave. A pieno regime i costi politici delle province sommavano a 78 milioni di euro. Sempre troppi. Ma bastava ridurre il numero degli assessori a 4, nelle città metropolitane e a 2 nelle province, che si sarebbero risparmiati di botto almeno 25 milioni.
Sapete quanto costano i primi 10 top manager allo stato?
L’amministratore delegato di Saipem, Pietro Franco Tali, 6,94 milioni, l'ad di Eni Paolo Scaroni 6,77 milioni, Fulvio Conti dell'Enel con 3,97 milioni. Seguono Alessandro Pansa dg di Finmecanica 2,2 milioni, Moretti e il suo omologo di Anas, Piero Ciucci, 874.000 e 750.000 euro. Attilio Befera, gran capo di Equitalia e dell’Agenzia delle entrate, autodichiarava al fisco 772.335 euro. Il dg della RAI, Luigi Gubitosi, 650.000. Alessandro Pansa, solo omonimo dell’altro (Polizia) 621.000 euro. Mario Canzio (Ragioneria Generale) 562.000. E vi sto risparmiando Mastrapasqua ex INPS. Siamo oltre i 24 milioni. Se volete un po’ di flolklore aggiungo che i 12 dirigenti apicali dei cappellani militari di esercito e polizia guadagnano quasi 100.000 euro a tonaca. Qua quanto risparmieranno? 
Non si risparmia neppure sui costi elettorali. Perché leggendo bene le leggi in vigore, come quella di stabilità (n.147 del 2013) a maggio non si sarebbe andati a votare per nessuna provincia. Lo dice anche il decreto ministeriale del 20/3/2014, che convoca le elezioni solo per comuni e circoscrizioni. “Di fatto non si elimina nessun ente – spiega Loredana De Petris di Sel - ma se ne aggiungono”. “Si aumenta la burocrazia e si triplicano i costi” conclude Lucio Malan di Forza Italia. .

Complimenti. La #svoltabuona? Rottamare Renzi

 

mercoledì 26 marzo 2014

IMMIGRATI. LE CARCERI SONO PIENE MA SPERDIRLI A CASA SEMBRA IMPOSSIBILE


Il 21 febbraio il parlamento ha convertito in legge il decreto svuota carceri. Sono aumentati, in teoria, i casi in cui si applica l’espulsione come alternativa in caso di pena, anche residua, non superiore ai due anni. Stiamo parlando di 21.000 stranieri detenuti in Italia. Un numero superiore ad un terzo (34,4%) di tutta la popolazione carceraria. Si può risolvere il sovraffollamento dei penitenziari italiani rimpatriando gli stranieri? Espellere i detenuti immigrati detenuti in Italia sembra sia impossibile. Secondo alcune onlus che lavorano a stretto contatto con loro ci sono 11 motivi per cui è una strada impraticabile. Alcune di queste obiezioni sono molto deboli.
1 - Pena definitiva. “Qualsiasi procedura prevede che il detenuto abbia ricevuto la condanna definitiva. Questo dimezza il numero dei candidati al rimpatrio” scrive il Redattore sociale. Meglio 10.500 in meno che nessuno. Mai sentito parlare di Lapalisse? Obiezione respinta.
2 - Perché riprendermelo? “Il più delle volte il paese di origine non ha interesse a riprendersi persone che sono un costo economico e un rischio sociale” dice Patrizio Gonnella di Antigone. E l’Italia che interesse ha? Obiezione respinta.
3 – Non c’è risparmio. “È così – sottolinea Ornella Favero di Ristretti Orizzonti - Se anche uscissero gli stranieri, i costi del sistema penitenziario non si ridurrebbero del 30%, perché le spese di gestione, strutturali e per il personale non si tagliano in proporzione. Quanto ai costi vivi cosa resta? Il vitto? Costa 3, 4 euro al giorno e viene trattenuto in busta paga ai detenuti che lavorano o fatto pagare a fine pena”. Intanto chi paga il conto sono pochissimi. Soprattutto, riducendo la popolazione carceraria italiana applicheremmo il dettato costituzionale: Le pene … devono tendere alla rieducazione del condannato. Obiezione respinta.
4 - Quale paese? È difficile identificarli: molti detenuti sono senza documenti, per cui è impossibile, procedere all’espulsione. Le regole si rispettano anche se l’iter è complicato. Obiezione respinta
5 - Progetto di vita in Italia. “Molte persone vivono qui da anni – scrive il Redattore sociale - si sono ricongiunte con la famiglia o ne hanno creata una. Spesso nel paese di provenienza non hanno più legami. L’espulsione interromperebbe bruscamente un percorso di vita, separando famiglie, e di integrazione sociale”. Il patto tacito e onesto è: io ti accetto a casa mia e ti ospito volentieri. Se non rispetti le regole ti caccio. Obiezione respinta.
6 - Fastidio sociale. “Conosciamo moltissimi casi di persone con pene anche lunghe, dovute all’accumulo di tanti piccoli reati, soprattutto piccoli furti oppure vendita di prodotti contraffatti – evidenzia Gonnella - Un ragazzo del Senegal, ad esempio, aveva accumulato 10 anni per 20 condanne di sei mesi l’una”. E allora? Se ti rubo 100 euro alla volta, per mille volte, sono o non sono 100.000 euro rubati? Obiezione respinta.
7 - Mancato consenso del detenuto. “Le deportazioni in massa non si possono fare” precisa Favero, sottolineando che l’espulsione in sostituzione del carcere deve essere consensuale. “Vorremmo un trattamento analogo per i nostri connazionali reclusi in Germania?”. L’Italia con la carcerata Baraldini, che era negli USA e non in Katanga, non si è battuta per riaverla, come per altre centinaia di casi? Obiezione respinta.
8 - Vittime o carnefici?Nel carcere minorile di Catania c’erano tre ragazzini egiziani accusati di essere scafisti – ricorda Gonnella - Avevano 16/17 anni ed erano stati accusati perché durante il viaggio avevano dato l’acqua ai migranti”. Discorso analogo per il favoreggiamento della prostituzione: “Chi è già vittima spesso si trova a dover subire anche questa accusa”. Se abbiamo giudici inetti puniamoli o perlomeno sostituiamoli. Obiezione respinta.
Altre obiezioni meritano un approfondimento. Alcune sono di ordine politico giuridico, e le cause vanno rimosse dal governo, dal parlamento, dalla magistratura. Una è morale e deve essere tenuta nel massimo conto, Ma appunto perché investe la sfera etica deve impegnare l’Italia e l’Europa verso gli stati canaglia con i propri cittadini.
9 - Trattati internazionali. In caso sia di espulsione sia di trasferimento da carcere a carcere è necessario un trattato. La Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate è stata ratificata solo da 66 nazioni, tra cui Albania, Bulgaria, Macedonia, Moldova, Romania e Serbia. Mancano tutto il nord Africa e il medio oriente. Il ministero degli esteri si deve attivare e spingere sugli stati recalcitranti. Obiezione da rimuovere.
10 - Burocrazia. Anche in presenza di accordi bilaterali, spesso si frappongono difficoltà burocratiche ad esempio la convalida della condanna. La procedura di espulsione può essere avviata solo a 24 mesi dal fine pena. A quel punto viene meno il vantaggio e il detenuto preferisce arrivare alla conclusione della pena in carcere. Preferisce? Se i burocrati non sono in grado di far applicare le regole devono andare a prendere il posto dello straniero espulso. Obiezione da rimuovere.
11 - Rischio di tortura. “Che democrazia siamo, se rimandiamo i detenuti nelle carceri del Marocco, dove le organizzazioni internazionali dicono che la tortura è sistematica?” si domanda Gonnella, che ricorda: “Abbiamo l’obbligo impostoci dalla carta dei diritti umani di Nizza a non estradare o espellere persone in paesi in cui c’è il rischio di tortura o le condizioni siano inumane e degradanti. Abbiamo già ricevuto una condannata per averlo fatto”. Questo è l’unico punto che mi pare inderogabile. Però quel paese, Marocco o altri, vanno sanzionati. Non si fa finta di niente di fronte ad accuse di questo tipo.