mercoledì 26 marzo 2014

IMMIGRATI. LE CARCERI SONO PIENE MA SPERDIRLI A CASA SEMBRA IMPOSSIBILE


Il 21 febbraio il parlamento ha convertito in legge il decreto svuota carceri. Sono aumentati, in teoria, i casi in cui si applica l’espulsione come alternativa in caso di pena, anche residua, non superiore ai due anni. Stiamo parlando di 21.000 stranieri detenuti in Italia. Un numero superiore ad un terzo (34,4%) di tutta la popolazione carceraria. Si può risolvere il sovraffollamento dei penitenziari italiani rimpatriando gli stranieri? Espellere i detenuti immigrati detenuti in Italia sembra sia impossibile. Secondo alcune onlus che lavorano a stretto contatto con loro ci sono 11 motivi per cui è una strada impraticabile. Alcune di queste obiezioni sono molto deboli.
1 - Pena definitiva. “Qualsiasi procedura prevede che il detenuto abbia ricevuto la condanna definitiva. Questo dimezza il numero dei candidati al rimpatrio” scrive il Redattore sociale. Meglio 10.500 in meno che nessuno. Mai sentito parlare di Lapalisse? Obiezione respinta.
2 - Perché riprendermelo? “Il più delle volte il paese di origine non ha interesse a riprendersi persone che sono un costo economico e un rischio sociale” dice Patrizio Gonnella di Antigone. E l’Italia che interesse ha? Obiezione respinta.
3 – Non c’è risparmio. “È così – sottolinea Ornella Favero di Ristretti Orizzonti - Se anche uscissero gli stranieri, i costi del sistema penitenziario non si ridurrebbero del 30%, perché le spese di gestione, strutturali e per il personale non si tagliano in proporzione. Quanto ai costi vivi cosa resta? Il vitto? Costa 3, 4 euro al giorno e viene trattenuto in busta paga ai detenuti che lavorano o fatto pagare a fine pena”. Intanto chi paga il conto sono pochissimi. Soprattutto, riducendo la popolazione carceraria italiana applicheremmo il dettato costituzionale: Le pene … devono tendere alla rieducazione del condannato. Obiezione respinta.
4 - Quale paese? È difficile identificarli: molti detenuti sono senza documenti, per cui è impossibile, procedere all’espulsione. Le regole si rispettano anche se l’iter è complicato. Obiezione respinta
5 - Progetto di vita in Italia. “Molte persone vivono qui da anni – scrive il Redattore sociale - si sono ricongiunte con la famiglia o ne hanno creata una. Spesso nel paese di provenienza non hanno più legami. L’espulsione interromperebbe bruscamente un percorso di vita, separando famiglie, e di integrazione sociale”. Il patto tacito e onesto è: io ti accetto a casa mia e ti ospito volentieri. Se non rispetti le regole ti caccio. Obiezione respinta.
6 - Fastidio sociale. “Conosciamo moltissimi casi di persone con pene anche lunghe, dovute all’accumulo di tanti piccoli reati, soprattutto piccoli furti oppure vendita di prodotti contraffatti – evidenzia Gonnella - Un ragazzo del Senegal, ad esempio, aveva accumulato 10 anni per 20 condanne di sei mesi l’una”. E allora? Se ti rubo 100 euro alla volta, per mille volte, sono o non sono 100.000 euro rubati? Obiezione respinta.
7 - Mancato consenso del detenuto. “Le deportazioni in massa non si possono fare” precisa Favero, sottolineando che l’espulsione in sostituzione del carcere deve essere consensuale. “Vorremmo un trattamento analogo per i nostri connazionali reclusi in Germania?”. L’Italia con la carcerata Baraldini, che era negli USA e non in Katanga, non si è battuta per riaverla, come per altre centinaia di casi? Obiezione respinta.
8 - Vittime o carnefici?Nel carcere minorile di Catania c’erano tre ragazzini egiziani accusati di essere scafisti – ricorda Gonnella - Avevano 16/17 anni ed erano stati accusati perché durante il viaggio avevano dato l’acqua ai migranti”. Discorso analogo per il favoreggiamento della prostituzione: “Chi è già vittima spesso si trova a dover subire anche questa accusa”. Se abbiamo giudici inetti puniamoli o perlomeno sostituiamoli. Obiezione respinta.
Altre obiezioni meritano un approfondimento. Alcune sono di ordine politico giuridico, e le cause vanno rimosse dal governo, dal parlamento, dalla magistratura. Una è morale e deve essere tenuta nel massimo conto, Ma appunto perché investe la sfera etica deve impegnare l’Italia e l’Europa verso gli stati canaglia con i propri cittadini.
9 - Trattati internazionali. In caso sia di espulsione sia di trasferimento da carcere a carcere è necessario un trattato. La Convenzione di Strasburgo del 1983 sul trasferimento delle persone condannate è stata ratificata solo da 66 nazioni, tra cui Albania, Bulgaria, Macedonia, Moldova, Romania e Serbia. Mancano tutto il nord Africa e il medio oriente. Il ministero degli esteri si deve attivare e spingere sugli stati recalcitranti. Obiezione da rimuovere.
10 - Burocrazia. Anche in presenza di accordi bilaterali, spesso si frappongono difficoltà burocratiche ad esempio la convalida della condanna. La procedura di espulsione può essere avviata solo a 24 mesi dal fine pena. A quel punto viene meno il vantaggio e il detenuto preferisce arrivare alla conclusione della pena in carcere. Preferisce? Se i burocrati non sono in grado di far applicare le regole devono andare a prendere il posto dello straniero espulso. Obiezione da rimuovere.
11 - Rischio di tortura. “Che democrazia siamo, se rimandiamo i detenuti nelle carceri del Marocco, dove le organizzazioni internazionali dicono che la tortura è sistematica?” si domanda Gonnella, che ricorda: “Abbiamo l’obbligo impostoci dalla carta dei diritti umani di Nizza a non estradare o espellere persone in paesi in cui c’è il rischio di tortura o le condizioni siano inumane e degradanti. Abbiamo già ricevuto una condannata per averlo fatto”. Questo è l’unico punto che mi pare inderogabile. Però quel paese, Marocco o altri, vanno sanzionati. Non si fa finta di niente di fronte ad accuse di questo tipo.


 

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