domenica 16 marzo 2014

MAFIA. LO STATO SEQUESTRA. L’AGENZIA FA FALLIRE LE AZIENDE


Zaia si era offerto di formare i quadri della regione Sicilia per ridurre gli sprechi. Apriti cielo. Ora è il capogruppo del M5S alla Camera, il cittadino Riccardo Nuti, a chiedere al leghista Maroni, tramite il ministro Alfano, di fornire ai siciliani professionisti addestrati in Lombardia e formarne altri per l’isola. Perché?
È in atto un’ecatombe. Il 96% delle imprese sottratte alla criminalità organizzata ed affidate agli amministratori giudiziari, secondo alcuni studi, fallirebbe. Con un costo sociale altissimo, soprattutto per tantissime famiglie che rimangono senza lavoro. Solo il 4 per cento delle imprese sottratte alla mafia sopravvive all’amministrazione giudiziaria. Delle 1200 gestite dall’agenzia nazionale per i beni confiscati il 40% si trova nell’isola (il 28% a Palermo). Eppure i mezzi per evitarlo ci sono. A Milano sono stati formati 63 manager privati allo scopo di affiancare gli amministratori giudiziari nella gestione di queste imprese. Ma finora questi professionisti non sono ma entrati in azione.
A chiedere i motivi di questa impasse è capogruppo pentastellato a Montecitorio, che ha presentato in merito una interrogazione al ministro dell’Interno, Alfano.
L’Italia – taglia corto Nuti – è il paese dei proclami, e nei pochi casi in cui a questi segue un fatto, un provvedimento, anche questi spesso rimangono lettera morta. È il caso dei manager formati, ma rimasti ai box, è un fulgido esempio. Secondo gli ultimi dati disponibili – prosegue il capogruppo M5S – ci sarebbero in Italia 1211 aziende amministrate dall’agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Di queste 538 sono in Sicilia. Ancora più rilevante è il dato palermitano, dove la concentrazione di imprese confiscate alla mafia è più di un quarto. È evidente come la presenza di manager esperti a fianco degli amministratori giudiziari se nel resto del paese è necessaria, in Sicilia è quasi un dovere morale, se non vogliamo continuare ad ingrossare l’ormai sterminato esercito dei disoccupati”.
La denuncia di Nuti si affianca al grido d’allarme lanciato dal centro Transcrime, una collaborazione dell'università Cattolica di Milano con l’università di Trento, secondo cui delle quasi duemila aziende confiscate alle mafie italiane, dal 1983 ad oggi, solo il 20% è ancora produttivo.

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