Rispetto al 2013, la quota di chi ha letto almeno un libro è scesa dal
43% al 41,4%. Eppure, nel 2014, i 1.658 editori italiani hanno stampato 170
titoli ogni giorno, molti dei quali non sono arrivati neppure agli scaffali. La
grande distribuzione è in mano a due unici soggetti: Messaggerie e PDE del
gruppo Feltrinelli. Più altri due consorzi regionali. Non bastasse, l’AGCOM il
4 dicembre 2014 ha dato il via libera ad una joint venture fra i due colossi. Come
faranno ora i piccoli editori ad arrivare in vetrina? E con loro le migliaia di
esordienti che non trovano spazio nelle major editoriali e si affidano alle
edizioni di nicchia?
Nel frattempo, a fianco, degli editori che si assumono il rischio
d’impresa, sono sorti una miriade di imprenditori che più che intraprendere prendono.
Cioè chiedono all’autore un contributo per sostenere le spese di stampa della
sua opera. Questa nuova categoria viene chiamata nel settore EAP: editori a
pagamento.Il sito “rifugiodegliesordienti” ha censito 972 editori, di cui 162 testati, quasi tutti EAP. Attraverso un grande sondaggio fra gli autori assegna delle faccine, sorridenti o tristi, in base alle esperienze raccontate.
D’altro canto Writer’s Dream, altro sito cool nel settore, ha compilato una lista di 300 editori free, cioè che non chiedono contributi. Insomma due mappe che rappresentano realtà diverse, ma che consentono agi autori, specie agli esordienti, di districarsi nel mare incognitum o nel gurgite vasto in cui rischiano di finire come non troppo rari nantes.
Se la grande industria libraria si nega agli esordienti, la piccola e media editoria, subissata di richieste, ha tempi biblici per rispondere e comunque ha difficoltà ad imporre i nuovi autori sul mercato. Resta allora l’EAP?
Già nel 2010, Marco Polillo presidente della AIE, l’associazione degli editori che aderisce a Confindustria, diceva “L’editoria è una cosa: nel senso che l’editore fa questo mestiere rischiando del suo, perché crede nel prodotto che fa e porta al pubblico attraverso librerie e grande distribuzione i testi che edita. L’editore a pagamento in realtà è uno stampatore, non è in grado di mettere in distribuzione i libri che stampa, al massimo mette alcune copie presso librerie amiche, ma non è distribuzione quella”.
È anche vero che nel frattempo le cose sono cambiate. Ad esempio il gruppo Albatros, recensito con molte faccine allegre anche dal “rifugio” offre servizi pari, se non superiori, a molti editori free.
Ma chi non vuole pagare cosa può fare? L’ultima frontiera è il self publishing. Il prototipo del quale venne presentato vent’anni fa, nel 1995, alle cartiere dell’Acquasanta con il manifesto firmato da Gillo Dorfles, Mario Persico, Francesco Pirella ed Edoardo Sanguineti. Con l’auto pubblicazione il neofita, ma anche l’autore che decida di non cedere i diritti della sua opera può editare i suoi libri, usando una tipografia e/o il web. Il mercato si riduce, ma il ricavato del prezzo di copertina è tutto il suo. Oppure può ricorrere agli specialisti. I più affidabili nel campo sono i siti narcissus.me e lulu.com. Qui paga la capacità di promozione dell’autore: fare branding.